BERLINO – Basta con le espulsioni facili di migranti qualificati: danneggiano l´economia in un momento in cui la forte crescita aumenta il bisogno di manodopera sempre scarseggiante, visto che abbiamo appena dieci milioni di abitanti e la natalità cala. Lo dice una lettera aperta senza precedenti, pubblicata sul quotidiano economico e finanziario Dagens Industri da trenta amministratori delegati delle maggiori aziende svedesi. Nomi dell´economia globale, da Ericsson (telecomunicazioni, elettronica) al colosso dell´abbigliamento H&M.
Gli imprenditori chiedono al governo di fare piú attenzione alle situazioni concrete e di non mettere in difficoltà le aziende che spesso, proprio selezionando migranti ad alta o buona qualifica professionale, risolvono i loro problemi di organico e riescono quindi a tenere il passo con la solida crescita economica, specie nelle eccellenze, nei settori manufatturiero e internettiano, e in generale nell´export di qualità che produce circa metà del prodotto interno lordo della piú importante e avanzata economia del nord.
“Siamo aziende globali grandi di un paese demograficamente piccolo, quindi abbiamo bisogno di reclutare dipendenti qualificati a prescindere dalla loro nazionalità”, dice la lettera aperta dei big della confindustria svedese, e continua: “Non possiamo sperare che ingegneri, specialisti di It e altre persone qualificate accettino di lasciare il loro paese e di puntare a venire a stabilirsi da noi integrandosi e lavorando se su di loro pesa l´incubo del respingimento anche quando sono già occupati o hanno già fondato la loro start-up”.
Il Migrationsverket, l´autorità per l´immigrazione, ha introdotto una politica di selezione durissima e di respingimenti o espulsioni facili da quando – dopo l´inizio della grande ondata migratoria nel 2015, quando la cancelliera tedesca Angela Merkel disse “ce la facciamo, accogliamoli tutti” senza consultare i governi degli altri paesi membri dell´Unione europea – Svezia e altri paesi nordici sono stati investiti da arrivi in massa come Italia o Grecia. In rapporto al numero dei suoi cittadini, la Svezia è il paese che ha accolto piú migranti in Europa. Allora, visto anche il sorgere di seri problemi di integrazione fallita, crimine e ordine pubblico, sono cominciate appunto politiche dure di espulsioni facili. Espulsioni a volte rivelatesi inutili per la sicurezza dei cittadini e dannose all´economia. E´ esplosa una dura polemica sul caso di Hussein Ismail, vicedirettore generale di un´azienda di biotecnologie di gran successo di cui egli è stato dal 2012 uno dei creatori. E´ stato colpito da provvedimento di espulsione perché aveva deciso per dare esempio solidale di autoridursi la retribuzione. Lo aveva fatto per aiutare l´azienda a superare difficoltà di bilancio.
Nella loro lettera aperta e in dichiarazioni ai media i grandi del made in Sweden non usano mezzi termini. Parlano di “politica assurda che danneggia e indebolisce il sistema-paese”. E reagiscono anche con una chiara minaccia, in questo 2018 che sarà dominato dalle elezioni politiche previste per settembre e alle quali ci si aspetta un successo dei populisti xenofobi ed euroscettici, gli SverigeDemokraterna. L´ad di Ericsson, Börje Ekholm, ha esplicitamente detto che se le autorità non la smettono di cacciare i dipendenti stranieri extracomunitari qualificati diverrà indispensabile via di salvezza per i maggiori gruppi svedesi procedere a massicce delocalizzazioni. “L´immigrazione economica deve funzionare in modo razionale e prevedibile per permettere a gruppi come Ericsson di tenere in patria le principali attività produttive e di ricerca”, egli ha ammonito. La palla adesso è nel campo dei politici – sia il governo di minoranza socialisti/verdi sia il centrodestra per bene che lo appoggia dall´esterno – politici i quali hanno tutti lanciato campagne elettorali segnate da proposte di linea dura sul tema migranti per paura di essere sorpassati nei consensi dal partito populista. L´industria non ci sta, suona l´allarme, minaccia chiaramente di fare le valigie.