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Gli albergatori di Roma Termini: “Lo Stato ci aiuti o chiudiamo”

Feb 18, 2023

AGI – “Se continua così, rischiamo di chiudere tutti”. È l’allarme lanciato dagli albergatori della zona di Roma Termini, dove le mancate condizioni di sicurezza hanno conseguenze anche sull’economia. A dirlo è il Comitato degli albergatori romani per voce di Roberto Di Rienzo. Albergatore e attivo anche nel Comitato rinascita Esquilino, Di Rienzo conosce da vicino la realtà dell’area intorno alla stazione.

“La situazione nella zona della stazione Termini è stata sottovalutata dalle autorità preposte – spiega all’AGI -. Già agli inizi del 2021 avevamo presentato esposti e denunce al riguardo. Abbiamo incontrato il prefetto, all’epoca Piantedosi, il quale ci aveva assicurato che avrebbero messo in campo qualsiasi tipo di azione per assicurare la nostra sicurezza. È stato così solo in parte, dal 2019 sono stati avviati i cosiddetti controlli ad alto impatto che all’inizio sembravano efficaci ma, sul lungo termine, si sono rivelati il contrario perché hanno efficacia solo durante lo svolgimento ma, non appena terminano,  la situazione torna quella di prima, anzi pure peggio”. La zona sconta quindi un effetto boomerang.

“Abbiamo fatto nuovi esposti lo scorso dicembre, prima dell’accoltellamento della turista israeliana, nei quali segnalavamo che la situazione era di nuovo fuori controllo e segnalavamo la necessità di controlli straordinari, con l’utilizzo di più mezzi e risorse”. Ma che intendono gli albergatori per “fuori controllo”? “La stazione Termini e le zone limitrofe, sia lato via Gioberti che via Marsala, sono diventati dei gironi infernali danteschi dove le persone che vi transitano devono passare attraverso blocchi: prima i borseggiatori dentro Termini, poi gli spacciatori che li aspettano fuori Termini, infine le prostitute e i trans. Se non raggiungono l’obiettivo di derubarti o venderti droga, possono passare all’aggressione fisica”.

I costi dell’insicurezza per gli operatori

Le conseguenze si fanno sentire anche nelle attività ricettive. “Tutto questo comporta il fatto che, con la situazione di insicurezza generali e gli avvenimenti finiti sui giornali, la zona ormai è conosciuta come insicura. Le persone la frequentano molto meno, quindi meno lavoro per alberghi, ristoranti e bar che si vedono limitati nelle loro attività. Noi ci sentiamo cittadini di serie B. anzi nemmeno B, zeta. Paghiamo le stesse tasse di chi è in altri quartieri, ma non abbiamo gli stessi diritti”.

Molti albergatori hanno avuto cali importanti di fatturato, se la situazione continua così siamo tutti a rischio chiusura perché, per far fronte alla diminuzione di clientela, dobbiamo abbassare le tariffe”. Così però si innesca una spirale pericolosa. “Spesso chi pernotta da noi poi pubblica recensioni nelle quali parla bene degli alberghi, ma aggiunge che la zona è terrificante. Ovviamente altri turisti non sono invogliati a prenotare. Allora continuiamo ad abbassare i prezzi ma sta per arrivare il punto in cui ci rimettiamo solamente. Il nostro timore è che saremo costretti a svenderci sempre di più, tanto che alla fine andremo a chiudere non per colpa nostra, ma per la situazione esterna ai nostri alberghi”. A mali estremi, estremi rimedi.

“Siamo arrivati al punto che, come associazione, vogliamo richiedere di essere riconosciuti come Zes – le zone economiche svantaggiate alle quali per legge si concedono delle agevolazioni fiscali a causa di problematiche intrinseche al territorio -. Sappiamo che le Zes sono riconosciute solitamente in altre aree che scontano problemi anche di criminalità organizzata e di altra natura. Ma noi siamo allo stesso livello di emergenza”. 

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