AGI – Un prima e un dopo Saman, perché se la sua storia – spiega l’associazione Penelope – servirà ad aiutare anche solo una ragazza come lei, con i suoi sentimenti e i suoi timori, ne sarà valsa la pena.
Saman come presenza viva (“Saman nel cuore e nelle lotte”), che chiede verità sulla sua morte (“Giustizia per Saman”) e la domanda per le ragazze come lei che a 18 anni vogliono scegliere chi amare (“Perché la libertà ti fa paura?”): sono gli striscioni e i cartelli rosa fuori dal tribunale di Reggio Emilia delle attiviste delle associazioni “Non una di meno” e “Non da sola” a segnare l’avvio del processo in tribunale a Reggio Emilia per la morte di Saman Abbas, la ragazza pachistana 18enne uccisa a Novellara per aver rifiutato un matrimonio combinato in patria.
Scomparsa da casa nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021, il suo corpo è stato ritrovato il un anno e mezzo dopo – il 29 novembre 2022 – sepolto in un casolare a 500 metri dall’abitazione dove viveva.
Questa mattina ha preso il via il processo in Corte d’Assise a Reggio Emilia: in aula a fianco dei legali, lo zio 34enne Danish Hasnain, ritenuto dagli inquirenti l’autore materiale dell’omicidio (che però respinge le accuse e ha contribuito al recupero del corpo della ragazza) e i due cugini Ikram Ijaz (28enne) e Nomanhulaq Nomanhulaq (35 anni), forse coloro che lo aiutarono ad occultarne il corpo: assenti i genitori della vittima, anch’essi imputati (sarebbero stati loro a ‘consegnarla’ ai suoi carnefici), il padre 46enne Shabbar Abbas, arrestato in Pakistan e al centro di una complessa richiesta di estradizione che ha visto già una decina di rinvii, e la madre 47enne Nazia Shaheen, di cui si sono invece perse le tracce.
Come primo atto, il giudice della Corte d’Assise di Reggio Emilia, Cristina Beretti, su richiesta della procura reggiana, ha deciso per legittimo impedimento di stralciare la posizione del padre, Shabbar Abbas. Il prossimo 17 febbraio verrà tentato un videocollegamento col Pakistan, anche se i legali esprimono perplessità.
“Non credo potrà mai esistere questo videocollegamento, il 14 febbraio si discuterà quella che sarà l’istanza di rilascio su cauzione, credo che il Pakistan sia seriamente in difficoltà – spiega l’avvocato Barbara Iannuccelli, legale dell’Associazione Penelope, una delle tante che si è costituita parte civile nel processo – per loro il codice penale è cambiato soltanto dal 2016, mentre prima l’onore era una causa legittima, relativamente all’omicidio di chi rifiutava il matrimonio forzato. Io non credo che vedremo mai Shabbar in Italia, né tantomeno la mamma: è una convinzione mia fin dall’inizio, però spero vivamente di cuore di essere smentita”.
“Il Pakistan deve prima mettersi una mano sulla coscienza – dice ancora Iannuccelli – fare un gesto di grande civiltà verso la propria comunità, perché come esistono solo i pakistani che vivono in Pakistan, esistono anche i pakistani che vivono in Italia che non possono vita natural durante essere bollati come appartenenti a uno stato che sta coprendo degli assassini”. In aula non si è invece presentato il fidanzato italiano di Saman, Saqib Ayub, provato dalla situazione, che ha però deciso di costituirsi parte civile per arrivare alla verità: fino al ritrovamento del corpo della ragazza non aveva voluto credere al suo crudele destino: di loro resta l’immagine di un tenero bacio nel centro di Bologna.
“Ci aspettiamo innanzitutto giustizia – ha detto il legale di Saqib, Claudio Falleti – ci siamo costituiti parte civile proprio per questo, per onorare Saman, per avere giustizia, per partecipare tutti insieme a questo percorso con tutte le altre parti civili, perché serva da monito e da segnale proprio per questi efferati crimini nei confronti delle vittime di matrimoni forzati e di violenza in generale”.
Si è dunque passati alla costituzione delle parti civili. ‘Trama di Terre’, associazione che dal 2009 opera nella diffusione delle conoscenze necessarie per comprendere e contrastare il fenomeno dei matrimoni forzati e precoci, assieme alla reggiana “Non da sola” e al fidanzato italiano di Saman, Saqib Ayub, sono finora le uniche tre parti civili – sul totale di 18 – che non hanno avuto contestazioni da parte delle difese degli imputati (in maggioranza relative ad un mancato legame territoriale ) e che quindi potrebbero entrare a far parte del processo, salvo diversa diversa disposizione del giudice. La decisione che riguarda tutte verrà presa nella prossima udienza del 17 febbraio (ore 9). La Corte si è riservata.