AGI – Istituita, il 20 dicembre 2017, per volere dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 20 maggio ricorre la Giornata Mondiale delle Api. La produzione agricola mondiale direttamente associata all’impollinazione animale rappresenta un valore economico stimato tra 235 e 577 miliardi di dollari. Negli ultimi anni è allarme crescente sul declino delle api e degli altri impollinatori. Il rapporto delle nazioni Unite ha stimato che “un numero crescente di specie di impollinatori in tutto il mondo è sull’orlo dell’estinzione a causa di diversi tipi pressione, molti dei quali prodotte dall’uomo.
Le cause sono molteplici e concatenate e sono le stesse che stanno portando al declino della biodiversità:
distruzione,
degradazione e frammentazione degli habitat,
inquinamento (in particolare da pesticidi),
cambiamenti climatici
diffusione di specie aliene invasive, parassiti e patogeni”.
Circa il 70% delle 115 principali colture agrarie mondiali beneficia dell’impollinazione animale. In Europa la produzione di circa l’80% delle 264 specie coltivate dipende dall’attività degli insetti impollinatori. La riproduzione dell’88% delle piante selvatiche da fiore del mondo (circa 308.000 specie) dipende, almeno in parte, dall’impollinazione animale per la riproduzione. Tra gli impollinatori, le specie del genere Apis sono le piu numerose: oltre 20.000 in tutto il mondo, gran parte delle quali selvatiche. La più popolare e l’ape domestica, nome scientifico Apis mellifera, conosciuta nel mondo come ape italica. Il valore di questa specie, originaria dell’Europa, dell’Asia e dell’Africa, nelle stesse aree che hanno visto sorgere le civiltà antiche, e legato oltre che al servizio d’impollinazione anche alla produzione di miele, cera, propoli e pappa reale.
In tutta l’Unione Europea ci sono almeno 600.000 apicoltori, che gestiscono 17 milioni di alveari e producono circa 250.000 tonnellate di miele l’anno. In Italia, gli apicoltori censiti in Italia al 2020 erano 65.000, in costante aumento. In aumento è anche il numero degli alveari (1.950.000 unità nel 2020), con una produzione di miele stimata in circa 25.000 tonnellate. Negli ultimi anni gli apicoltori devono fronteggiare un grave fenomeno: la riduzione del numero delle colonie di api e il declino delle loro popolazioni. Il fenomeno, conosciuto come spopolamento degli alveari o moria delle api, è stato segnalato dagli apicoltori sin dal 2003 e si concentra in primavera, in coincidenza del periodo di maggiore bottinamento delle api.
Ad oggi non e stata identificata una unica causa per tale declino, ma sono stati individuati diversi possibili fattori con una negativa incidenza sulla salute e sulla sopravvivenza delle colonie ‘allevate’ di api da miele:
la distruzione,
il degrado e la frammentazione degli habitat,
la semplificazione del paesaggio e l’eliminazione di fasce inerbite e siepi, filati, boschetti;
l’agricoltura intensiva;
la morte per fame delle api per via della ridotta disponibilita o qualita delle risorse alimentari,
gli attacchi di agenti patogeni (virus, batteri e funghi) e parassiti.
I cambiamenti climatici, il cambiamento culturale e commerciale delle pratiche di apicoltura e, non ultimi per importanza, l’esposizione ai pesticidi usati in agricoltura per la difesa delle colture agrarie, la lotta agli insetti molesti ed il diserbo operato in aree urbane e periurbane e i prodotti chimici utilizzati negli alveari per combattere i parassiti e i patogeni delle colonie. I rischi legati a parassiti e malattie possono essere ridotti attraverso una migliore individuazione e gestione delle malattie e l’adozione di pratiche corrette di gestione dell’apiario e l’osservazione dei regolamenti globali relativi al commercio e alla circolazione delle api.