TRANI – Tre persone, una quarta che ancora non si trova e quasi certamente una quinta, la ‘gola profonda’ che avrebbe informato il gruppo di ogni spostamento della famiglia. Il cerchio non è chiuso ma gli investigatori sono convinti che non erano soli il 54enne Lorenzo Campanella e il 45enne Francesco Scardi a commettere la rapina che lo scorso 17 novembre a Canosa di Puglia causò la morte, per un successivo infarto, di Maria Melziade, la signora di 75 anni proprietaria di una gioielleria in centro.
Nelle ultime ore è stato disposto l’arresto anche per Gianfranco Colucci, 21 anni, già in carcere dal 16 dicembre scorso per possesso di arma da sparo clandestina, una calibro 9. Secondo le indagini della polizia coordinata dal magistrato tranese Marcello Catalano sarebbe il giovane che con Campanella avrebbe materialmente messo a segno il colpo, imbavagliando e picchiando la donna per farsi consegnare senza riuscirci le chiavi della cassaforte. L’altro avrebbe fatto da palo vicino al portone dell’abitazione: i tre sono stati immortalati dai sistemi di videsorveglianza della zona, traditi dalla “maldestra copertura del volto” di uno di loro e anche da una foto postata su Facebook che ritraeva un altro con lo stesso abbigliamento ripreso dalle telecamere.
Le immagini, hanno spiegato gli inquirenti, mostrano in modo evidente l’arrivo dei rapinatori e quello della donna: lei scende dall’auto del marito, che poi si allontana per parcheggiare la vettura, e va a casa, dove poco dopo aprirà la porta a due persone: i suoi aggressori. I due, secondo la ricostruzione, la immobilizzano con nastro adesivo da imballaggio e delle fascette stringicavi. Per farsi consegnare la chiave della cassaforte, le dicono di aver rapito la figlia, picchiandola violentemente utilizzando anche un taser, senza comunque riuscire nel loro intento. Successivamente i due, avvisati dal complice del sopraggiungere del marito della vittima, si allontanano portando via solo i monili indossati dalla donna, in particolare, un anello di ingente valore, un orologio tempestato di brillanti, un paio di orecchini, diverse carte di credito e 1.200 euro in contanti.
I tre rispondono di omicidio preterintenzionale e rapina pluriaggravata, difesi dagli avvocati Sabino Di Sibio e Giovanni Pavone, e si sono avvalsi della facoltà di non rispondere nel corso degli interrogatori di garanzia davanti Maria Grazia Caserta I rapinatori, è la convinzione degli inquirenti, avevano studiato il piano nei minimi dettagli. Erano a conoscenza di particolari sui movimenti della vittima “noti a pochissime persone”. Sapevano, per esempio, che la donna, con il marito e l’autista, sarebbero rientrati a Canosa dopo un viaggio a Milano la sera prima rispetto a quanto previsto. Conoscevano l’orario esatto in cui la signora sarebbe salita a casa da sola, in attesa che il marito parcheggiasse l’auto in garage. Sapevano che nell’appartamento c’era
una cassaforte di cui lei aveva la chiave.Qualcuno, è la certezza degli investigatori, ha comunicato con uno squillo di cellulare la posizione dell’auto appena uscita dal casello autostradale. Per i due fermati c’era il concreto pericolo di fuga. Subito dopo che si era diffusa la notizia della morte della donna, Scardi aveva lasciato Canosa per una località del Nord Italia. Campanella, invece, aveva acquistato un biglietto aereo ed era volato in Romania.