• 15 Gennaio 2025 19:47

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Germania: la locomotiva d’Europa non corre più

Gen 15, 2025

AGI- La Germania, unico Paese in Europa, sprofonda nella recessione per il secondo anno consecutivo, con una contrazione del Pil nel 2024 dello 0,2%, in linea con le previsioni di governo ed esperti, e dopo il calo dello 0,3% del 2023, quando a incidere era stato soprattutto l’incremento dei costi energetici a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina.
Sulla recessione del 2024 ha pesato in particolare la profonda crisi industriale che ha colpito la maggiore economia europea, a partire dal settore dell’auto. Basti pensare a Volkswagen, che entro il 2030 taglierà 35.000 posti di lavoro in Germania e ridurrà la sua produzione.

A complicare le cose, l’incertezza politica in cui naviga la locomotiva d’Europa, che il 23 febbraio prossimo sarà alle prese con le elezioni politiche anticipate e che probabilmente andrà incontro a diversi mesi di negoziati prima di formare un nuovo governo.

Secondo diversi analisti, non è all’orizzonte una rapida ripresa per il motore dell’Eurozona. “Tutto lascia presagire che il 2025 sarà il terzo anno consecutivo di recessione”, afferma Jens-Oliver Niklasch della banca tedesca Lbbw.

 

Tra le ragioni di questo impasse, sicuramente la prospettiva di una guerra commerciale con gli Stati Uniti di Donald Trump, principale sbocco per le esportazioni tedesche.

Una doppia recessione non si verificava in Germania dall’inizio degli anni 2000, quando il Paese, indebolito dai costi della riunificazione, era soprannominato “il malato d’Europa”. Come in passato, le difficoltà congiunturali si sovrappongono ai problemi strutturali: l’industria tedesca non si è ripresa dall’aumento dei costi energetici e patisce la riduzione dello sbocco commerciale in Cina.

 

A cio’ si aggiungono i costi della decarbonizzazione dell’economia, l’invecchiamento demografico, il peso della burocrazia e delle infrastrutture obsolete. “L’economia tedesca sta attraversando la più grande crisi del dopoguerra. La pandemia, la crisi energetica e l’inflazione hanno impoverito i tedeschi”, dichiarava a dicembre Bert Rurup, presidente dell’istituto di ricerca del quotidiano Handelsblatt.

 

Questa crisi emerge con evidenza soprattutto dalle persistenti difficoltà dell’industria manifatturiera, la cui performance è diminuita del 3% lo scorso anno, secondo Destatis. Il tracollo del settore automobilistico tedesco, intanto, rappresenta una “manna per la Cina”, come scrive l’Afp: il gigante asiatico sta rosicchiando “importanti quote di mercato”, in particolare nei settori dell’auto, della chimica e dei macchinari, come ha evidenziato la Bundesbank. Oltre al rischio dell’aumento dei dazi sotto la presidenza Trump, a peggiorare la situazione sono le minacce di ritorsioni cinesi sui sovrapprezzi imposti dall’Ue sui veicoli elettrici provenienti dalla Cina.

Come se non bastasse, non vengono in soccorso nemmeno i consumi privati: “Le famiglie si sono astenute dall’acquistare nonostante l’aumento dei redditi”, a causa dell’incertezza, fa notare Ruth Brand, presidente di Destatis. Anche il mercato del lavoro, tradizionalmente solido, mostra segnali di indebolimento, poiché il Paese, che sta invecchiando, si trova ad affrontare una carenza di manodopera.

Serve “un ritorno della fiducia e della crescita in Germania” con un governo che favorisca “riforme strutturali, investimenti e una politica fiscale più flessibile”, commenta Carsten Brzeski della Ing Bank. In mezzo a questo tracollo, una buona notizia: il deficit pubblico tedesco è rimasto al 2,6% del Pil nel 2024, ancora al di sotto della media Ue al 3,1%. 

 

 

 

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