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Frode in commercio per le mascherine FFP2 con falso marchio Ce e prive di requisiti

Feb 12, 2021

Cassazione

Confermato il sequestro probatorio per la commercializzazione con falso marchio Ce e Certificate of compliance apparentemente rilasciato dall’ente certificazione macchine, ente comunque non abilitato per quei dispositivi e che ha denunciato l’uso abusivo del suo nominativo

di Patrizia Maciocchi

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(Imagoeconomica)

Confermato il sequestro probatorio per la commercializzazione con falso marchio Ce e Certificate of compliance apparentemente rilasciato dall’ente certificazione macchine, ente comunque non abilitato per quei dispositivi e che ha denunciato l’uso abusivo del suo nominativo

12 febbraio 2021


1′ di lettura

Via libera al sequestro probatorio della partita di mascherine FFP2, provenienti dalla Cina, con falso marchio Ce, che non rispondono ai requisiti previsti dalla Comunità europea. Il lotto, venduto a una farmacia, aveva anche il “certificate of compliance”, apparentemente rilasciato dall’Ente certificazione macchine, della società Ecm, volto ad attestare la conformità dei dispositivi agli standard di qualità e sicurezza imposti dalla normativa dell’Unione. Una certificazione risultata non genuina, non essendo l’ente in questione abilitato a rilasciare l’attestazione per quel tipo di dispositivi. In più la società Ecm ha presentato denunce per l’utilizzo abusivo del suo nominativo.

Il ragionevole affidamento degli acquirenti

La Corte di cassazione, con la sentenza 5607, ha così respinto il ricorso del titolare di una ditta contro la convalida del sequestro probatorio di oltre 1200 mascherine, parte di un lotto più ampio. Il ricorrente affermava la sua estraneità al reato ipotizzato del quale si riteneva vittima, essendo stato raggirato dalla casa produttrice che aveva fornito la documentazione tecnica.

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La sentenza

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Per i giudici cautelari, che ottengono l’avallo della Cassazione, però, il sequestro era legittimo dal momento che la società amministrata dal ricorrente aveva commercializzato i dispositivi di protezione sequestrati «ingenerando negli acquirenti il ragionevole convincimento che gli stessi rispettassero determinati standard qualitativi non sussistenti». Il Tribunale aveva poi escluso, almeno allo stato degli atti, la buona fede del titolare della ditta che aveva fornito le mascherine ad una farmacia, vendendole come FFP2, senza attendere la risposta dell’Inail, investita della verifica, che era stata poi in effetti negativa.

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