MILANO – Nonostante l’inflazione sia lontana dagli obiettivi della Bce, quel poco di crescita dei prezzi registrato in Italia basta per appaiare la dinamica dei salar. A giugno la crescita annua delle retribuzioni contrattuali orarie si ferma allo 0,7%, dice l’Istat. Un risultato più che dimezzato rispetto a maggio (+1,6%).
Si tratta del livello più basso da dicembre 2017: una brusca frenata che annulla il vantaggio fin qui goduto sui prezzi. A giugno infatti l’inflazione si è attestata allo 0,7%.
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La forbice quindi si richiude, con tutto ciò che ne consegue in termini di potere d’acquisto. Era ormai da più di un anno, dal maggio 2018, che retribuzioni e inflazione non si riallineavano.
L’Istituto sottolinea che complessivamente, nei primi sei mesi del 2019 la retribuzione oraria media è cresciuta dell’1,4% rispetto al corrispondente periodo del 2018.
Per quanto riguarda invece i lavoratori coperti dai contratti nazionali, l’Istat calcola che sono 5,2 milioni, ossia il 42% del totale, i dipendenti in attesa di un rinnovo: dato in aumento a giugno rispetto al mese precedente quando erano il 39,2%. Tra aprile e giugno si sono registrati due rinnovi contrattuali, un accordo di proroga mentre sette sono scaduti. Alla fine di giugno 2019 i contratti collettivi nazionali di lavoro in vigore per la parte economica riguardano 7,2 milioni di dipendenti (58,0% del totale) e corrispondono al 55,8% del monte retributivo osservato. Complessivamente i contratti in attesa di rinnovo a fine giugno sono 45. L’attesa del rinnovo per i lavoratori con il contratto scaduto è in media di 15,8 mesi. L’attesa media calcolata sul totale dei dipendenti è di 6,6 mesi, in aumento rispetto a un anno prima (4,6).