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Firenze, processo appello Menarini: assolti i fratelli Aleotti, a loro 700 milioni da restituire

Dic 5, 2018

La corte di appello di Firenze ha riformato la sentenza di condanna di primo grado dei fratelli Aleotti, proprietari della Menarini, la più importante azienda farmaceutica italiana. Lucia e Giovanni Aleotti sono stati assolti con varie formule dalle accuse di riciclaggio. Mentre è stata dichiarata la prescrizione del reato di corruzione per Lucia Aleotti. La corte di appello si era ritirata in camera di consiglio intorno alle 10.30 di questa mattina, mercoledì 5 dicembre.

Lucia Aleotti è stata assolta in parte per non aver commesso il reato di riciclaggio, in parte perché “il fatto non sussiste”. Suo fratello Giovanni è stato dichiarato in parte non punibile per aver concorso nel reato presupposto (l’evasione fiscale) e in parte assolto con formula piena (il fatto non sussiste). Per effetto della sentenza è stata disposta la restituzione delle somme in sequestro, cioè di circa 700 milioni di euro. I fratelli Aleotti non erano presenti in aula al momento della lettura della sentenza.

“Siamo felici di questa decisione della Corte d’Appello di Firenze che ha assolto Lucia Aleotti e Alberto Giovanni Aleotti rispetto a tutti i capi d’imputazione.Sono trascorsi moltissimi anni dall’inizio di questa dolorosa vicenda, ma finalmente il Giudice ha riconosciuto l’estraneità degli azionisti di Menarini dai fatti per cui erano accusati ingiustamente” si legge in una nota diffusa dalla Menarini. “Ora Lucia e Alberto Giovanni Aleotti potranno continuare a dedicarsi alla crescita del Gruppo Menarini che conta più di 17.000 dipendenti e che, sebbene non sia stato coinvolto direttamente nel processo, ha subito certamente contraccolpi e gravi danni d’immagine, anche a livello internazionale, a causa di questa inchiesta”, conclude la nota.

In primo grado Lucia Aleotti era stata condannata a 10 anni e mezzo per riciclaggio e corruzione (nel frattempo prescritta) e suo fratello Giovanni Alberto a 7 anni e mezzo. In appello la pg Benedetta Parducci e i pm che avevano condotto le indagini, Luca Turco ed Ettore Squillace Greco, hanno sostenuto che dietro la colossale cifra (un miliardo e 200 milioni di euro) accumulata all’estero – secondo le accuse – dal padre dei due imputati, Alberto Aleotti, deceduto nel 2014, c’è anche una enorme truffa sul prezzo dei farmaci ai danni del Servizio sanitario nazionale (truffa che il tribunale non ha ritenuto sufficientemente provata). Perciò in appello l’accusa ha chiesto una condanna a 9 anni per riciclaggio nei confronti dei due fratelli, ambedue presenti in aula. Chiesti anche 2 anni e 8 mesi per riciclaggio per la loro madre, Massimiliana Landini (assolta in primo grado).
Dopo la scoperta di un conto di 476 milioni di euro in Liechtenstein, l’avvio dell’inchiesta del Nas carabinieri e della Guardia di finanza e le successive scoperte delle società interposte per l’acquisto dei farmaci, dell’archivio segreto della famiglia a Lugano e delle incredibili manovre organizzate da Alberto Aleotti per lavare i fondi neri accumulati all’estero (inclusi trasporti in contanti di milioni di euro), gli Aleotti hanno versato all’erario quasi 500 milioni. La agguerrita difesa ha invece sempre sostenuto, fra l’altro, che Alberto Aleotti teneva rigorosamente fuori i figli da tutte le sue attività occulte.

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