C’è un confine sottile, quasi impercettibile, che separa il genio dalla follia. Un confine che artisti, visionari e creatori hanno sfidato fin dalla notte dei tempi, dando vita a opere tanto affascinanti quanto destabilizzanti. Alexandre Danton, il customizzatore francese, ha recentemente varcato la linea con la sua trasformazione della Ferrari Testarossa.
Partendo da una base già inconfondibile, Danton ha osato spingersi oltre, fino a trasformarla in un “mostro mitologico”: una creatura a sei ruote, capace di lasciare a bocca aperta chiunque la osservi. Si tratta di una visione estrema, quasi provocatoria, una reinterpretazione radicale della supercar, simbolo degli anni Ottanta e Novanta.
Ma, a questo punto, dove sta il limite? È ancora genio o è pura follia? Forse, per comprendere appieno un’elaborazione tanto audace, occorre mettere da parte le regole non scritte del mondo automobilistico. E lasciarsi trasportare in un universo in cui tutto è possibile.
Conformismo al bando
La Testarossa a sei ruote lotta contro ogni schema precostituito, e sembra quasi uscire da un film di fantascienza. Le sue linee inconfondibili si faticano quasi a riconoscere: amplificate fino al limite, trasformano lo storico modello in qualcosa di mai visto prima. Osare rappresenta il mantra della trasformazione, con modifiche in grado di conferire alla vettura un’estetica e un’aerodinamica nuove. Sul risultato finale, i puristi del Cavallino Rampante e i fan del tuning appaiono in disaccordo, tra chi apprezza il progetto di Danton e chi, invece, pensa abbia esagerato.
L’intervento di Dalton va al di là della semplice aggiunta di ruote: ciascun dettaglio viene rivisto in maniera radicale. Tanto per cominciare, il frontale è stato allargato mediante un bodykit, con un paraurti dotato di nuove linee angolari. Inoltre, ha trasformato i caratteristici fari pop-up in prese d’aria, così da rendere il muso ancora più aggressivo e funzionale.
Sul tetto, ha integrato una feritoia aerodinamica, accentuante il look da “macchina da corsa futuristica”. E il motore? Purtroppo, mancano i dettagli specifici a riguardo. In origine, montava un potente dodici cilindri da 4.9 litri, capace di sprigionare 390 CV: chissà se sarà stato confermato o abbia lasciato spazio a un propulsore di recente nascita. Ma è chiaro: l’attenzione si concentra sull’immagine.
A ogni modo, sul posteriore che la Testarossa si trasforma. La coda è stata allungata per ospitare il secondo passo, necessario a montare le due ruote aggiuntive. Un altro dettaglio degno di nota è la scomparsa dei passaruota laterali, al fine di lasciare le ruote completamente esposte. Una parte del lavoro ha riguardato la griglia che copre i fanali posteriori: le lamelle, forate, ospitano due terminali di scarico centrali, e ciò aggiunge ulteriore aggressività al design.
Nata per stupire
Bene o male, l’importante è che se ne parli. Proprio questa nota massima descrive forse meglio di ogni altra la filosofia adottata da Danton e Gas Monkey Garage nella Ferrari Testarossa a sei ruote. Piuttosto di realizzare un veicolo comune, incapace di distinguersi rispetto alla massa, il tuner ha preferito abbandonare le remore. Come qualsiasi opera d’arte estrema, la creazione invita a riflettere su dove finisce il restauro e dove inizia l’eccesso.