• 16 Novembre 2024 19:39

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Ferrari, Storia e curiosità di un grande marchio

Mag 14, 2024

Il mondo dei motori pullula di fiorenti realtà. Eppure, se venisse chiesto a un bambino di disegnarne una la colorerebbe quasi sicuramente di rosso, come le Ferrari. Perché nessun marchio compete con il Cavallino Rampante in quanto a fascino e tradizione.

Ogni nuova uscita è riconoscibile all’istante, merito della precisa identità conferitale fin dalla fondazione avvenuta nel 1929 a Modena, prima che la sede diventasse Maranello, terra di Enzo Ferrari, per tutti il Drake. Una personalità energica, vulcanica, capace di crearsi parecchi amici, ma anche nemici.

Con eccellenti trascorsi da pilota, si dedicò nel primo decennio alla preparazione dei bolidi da corsa di Alfa Romeo. Il ruolo cominciò, però, a stargli stretto con il passare del tempo, fino a diventare soffocante. In rotta con le direttive del Costruttore meneghino, il futuro Commendatore (altro soprannome affibbiato) prese l’audace decisione di cessare il sodalizio.

La separazione da Alfa Romeo

Così nel 1940 svelò la sua prima vettura: la Auto Avio 815 da competizione. Sette anni dopo venne, dunque, il momento del debutto per il brand Ferrari attraverso la 125 Sport, una barchetta spinta da un dodici cilindri da 1.5 litri, in grado di raggiungere i 190 km/h. Il veicolo maturò magri risultati in gara, ma ebbe comunque un peso cruciale nello sviluppo della neonata azienda.

Fonte: Ufficio Stampa FerrariLa Ferrari 125 Sport ha aperto una storia che prosegue con successo ancora oggi

Ben presto la compagine sportiva mise a referto dei successi degni di nota, quali le due Mille Miglia e due Targa Florio, conquistate da Clamente Biondetti al volante della 166 Inter e della 250 S. Inoltre, su una 166 MM, Luigi Chinetti e Peter Mitchell-Thomson trionfarono alla 24 Ore di Le Mans del 1949.

Il battesimo in Formula 1 accadde il 21 maggio 1950 al Gran Premio di Monaco, il secondo appuntamento di stagione. Al GP inaugurale, corso l’8 maggio in Gran Bretagna, la compagine abiurò a causa di un disaccordo sull’ingaggio dei piloti, preferendo correre in Formula 2 a Mons, in Belgio, dove monopolizzò il podio.

Lungo la pista monegasca, Ferrari chiuse al secondo posto con Alberto Ascari, al volante della 125 F1. Lo stesso Ascari regalò due titoli iridati alla Casa nel 1952 e nel 1953, a cui seguirono gli exploit di Juan Manuel Fangio nel 1956 e Mike Hawthorn nel 1958. Entro la fine dei Fifties vennero messi in bacheca sei Mille Miglia, cinque Mondiali Sportprototipi, tre 12 di Sebring, due 24 Ore di Le Mans, due Carrera Panamericana e una Targa Florio.

Arrivano le stradali

All’epoca il focus di Ferrari erano le competizioni sportive, il grande amore di Enzo. Ciononostante, la nascita della Carrozzeria Scaglietti nel 1951 costituì una svolta significativa. Divenne, infatti, lo stabilimento dedicato alla realizzazione di scocche e telai, consentendo a Ferrari di avere un maggiore controllo sulle sue creazioni.

Verso la conclusione del decennio, Enzo diede il via alla produzione della Dino, intitolata in nome del figlio malato. Fu il maggiore successo di sempre, un manifesto dell’amore di Enzo per le macchine e la famiglia. Qui si aprì l’era d’oro per la società. La qualità artigianale abbinata alla rarità rende esorbitante il valore del capolavoro su quattro ruote nel mercato collezionistico.

La Ferrari più cara mai battuta all’asta è, però, la 250 GTO del 1962, venduta alla cifra record di 51,7 milioni di dollari, corrispondenti a quasi 48,3 milioni di euro. Rimane l’unica Tipo ’62 a essere stata utilizzata in gara dalla Scuderia. In precedenza, venne lanciata la conturbante 250 California del 1957.

Il cuore dell’attività continuarono a essere le corse, in cui Ferrari ebbe spesso la meglio sulla concorrenza, anche in F1 con gli allori dei britannici Phil Hill e John Surtess. In parallelo, gli estimatori, ormai presenti in ogni angolo del Pianeta, rimasero folgorati dalle stradali.

Si raggiunse l’apice nel 1967, costellato dalla première globale della Dino 206 GT, una “piccola” coupé mossa da sei cilindri da 2.0 litri e 180 CV. L’anno successivo approdò la 365 GTB/4, nota come Daytona.

L’intesa con Fiat

A dispetto delle importanti gesta compiute su ciascun fronte presidiato, uno scenario nebuloso cominciò a tormentare il Commendatore. Naufragate le trattative con Ford, che da allora la considerò sua acerrima antagonista, le sorti del Costruttore furono salvate nel 1969. Provvidenziale fu l’intervento di Fiat, che acquisì il 50% della partecipazione azionaria della Rossa per 22 milioni di dollari.

In virtù dell’intesa sottoscritta, Ferrari conservò una discreta autonomia nella gestione della sfera sportiva, mentre il Lingotto avrebbe fornito supporto finanziario e industriale necessario per proseguire lo sviluppo di auto di eccezionale levatura.

Su un’area adiacente allo stabilimento di Maranello, la scuderia inaugurò nel 1972 la pista di collaudo a Fiorano, adibita a testare le rispettive vetture da competizione. Il primato sul giro secco appartiene tuttora a Michael Schumacher, che lo scrisse a bordo della monoposto F2004.

Gli anni Settanta confermarono lo strapotere tecnico di Ferrari, capace di far mangiare la polvere ai competitor in innumerevoli sfide, trainata soprattutto da Mario Andretti. Una figura di enorme influenza sulle fortune aziendali fu Luca Cordero di Montezemolo, il quale, entrato a 26 anni nell’organigramma, scalò rapidamente le gerarchie.

In F1 salirono alla gloria Niki Lauda, vincitore di due Mondiali in un triennio, e Jody Sheckter (l’ultimo ad affermarsi prima dell’era-Schumi). A livello di stradali, il 1975 registrò l’esordio della 308 GTB.

Dalla flessione degli anni Ottanta al rilancio

Inaspettata fu la crisi abbattutasi su Ferrari negli anni Ottanta, falcidiati dalle performance insoddisfacenti in F1, che ebbero delle ripercussioni pure sulle vendite. La morte di Enzo Ferrari nel 1988 rese ancor più infelice il periodo attraversato. Eppure, videro la luce tre supercar destinate a fungere da spartiacque nel percorso evolutivo: la 288 GTO, la Testarossa e la F40.

Fonte: Ufficio Stampa FerrariPoche auto hanno saputo lasciare a bocca aperta come la Ferrari Testarossa

Gli anni Novanta portarono in dote la 550 e la 360 Modena, nonché un pilota tedesco dal talento formidabile: Michael Schumacher. Attorno a lui costruì l’intero progetto in F1 il team manager Jean Todt, venendo ripagato da cinque campionati piloti e sei costruttori. La doppietta finì per ripetersi nel 2007, stavolta con Kimi Raikkonen. Nel frattempo, uscirono le spettacolari Enzo e F430.

Il 2008 sancì la salita di Sergio Marchionne alla carica di amministratore delegato (oggi occupata da Benedetto Vigna) e la quotazione in Borsa. La gamma Ferrari resta una delle più lussuose, anche se meno radicale, al punto da accogliere nel 2022 la Purosangue, la prima quattro porte e quattro posti del Cavallino Rampante.

Le origini del marchio e del colore

Il celeberrimo marchio affonda le radici alla Grande Guerra. Inizialmente accompagnava l’aviatore romagnolo Francesco Baracca, morto nel 1918 alla cessazione del conflitto bellico.

Cinque anni dopo Enzo Ferrari conobbe i genitori di Francesco, i conti Enrico e Paolina Baracca. E fu la signora che, rivedendo nelle gesta di Enzo la determinazione del figlio, gli consigliò di mettere l’emblema sulle proprio macchine perché gli avrebbe portato fortuna. Mai previsione fu più azzeccata.

La tonalità rossa fu inizialmente adottata poiché, in conformità al regolamento, era il colore dell’Italia nelle gare. Malgrado l’obbligo decadde nel 1968, rimane un caposaldo del brand.

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