Chiamare le cose con il proprio nome: un’abitudine persa per strada, sepolta sotto un cumulo di buone maniere e falsità da cortile. In una società che si trastulla col perbenismo e si profuma d’ipocrisia, bisogna sempre essere gentili. Usare parole pulite. Evitare grane per il solo fatto di dire la verità. Ma l’ingegnere del lunedì? Lui no. Di problemi del genere non ne ha. Non gli tremano le mani se deve scrivere che la Ferrari SF-25 è una schiappa. Soprattutto quando lo dimostra in pista.
La misura è colma, ora basta
Volgarità: sostantivo femminile che indica mancanza di educazione. Una condotta scomposta, fuori misura. Un modo di parlare che travolge il buon gusto e la decenza. In pratica, non si può dire che la Ferrari è una pippa. Dicono che bisogna avere rispetto. È la Rossa, il Cavallino Rampante, la Storia. Ma l’ingegnere del lunedì la vede in modo diverso. Perché la vera volgarità è perculare i tifosi. Quelli che ti amano a prescindere.
Tirare scemo un popolo che fa chilometri per osservare scempi prestazionali tipo la piscina di Albert Park, il “Doppio Zero” di Shanghai o la scarsità di Suzuka non ci sta. Quella stessa gente che si alza alle tre di notte per sperare, condividere passione, e poi lavora tutto il giorno per sbracare il lunario. Illuderli con promesse da vertice nei comunicati ufficiali, per poi smentirle goffamente appena la pista parla: questa sì che è volgarità.
In altre parole: se sei “na grande pippa”, non ti possono definire “in difficoltà”. Perché così ti illudi. Ti convinci che sia solo un momento no e tutto si sistemerà. “Si tratta di capire, di analizzare“, pure Vasseur lo dice. E anche basta, però. Binotto ha già suonato questo disco per anni. Una tediosa litania che francamente ha stufato. È ora di ripulire la penna dagli stereotipi, specie quando si parla della Ferrari.
Bisogna guardare in faccia chi ha costruito questa macchina e dirgli le cose come stanno. Enzo lo farebbe, senza paura e giri di parole. Quei discorsi pieni di niente sono il sottofondo costante di una falla che nessuno sa tappare. E il bicchiere? Non è né mezzo pieno né mezzo vuoto. Mentre lo si decide, qualcuno se lo beve. E la Ferrari resta lì, con la gola secca e lo sguardo perso, a chiedersi come fare per riempirlo.
Cosa hanno fatto Charles e Lewis per meritarsi tutto questo?
Diteci se vi sembra è normale dover ascoltare le scuse via radio di Hamilton. Uno che ha vinto sette mondiali in Formula Uno e chiede ammenda per non aver fatto miracoli con una macchina del cavolo. Oppure siamo costretti a percepire la frustrazione di Leclerc, con il volto scavato dalla delusione, incapace di mascherare il suo pessimismo stato d’animo davanti alle telecamere delle televisioni.
Charles la pensa come l’ingegnere del lunedì, sebbene adotti parole decisamente più garbate. Lo si capisce quando parla di Sakhir, ammettendo che ci va con uno spirito opposto rispetto a quello dei test, senza fiducia. Oppure quando ti dice che fa male davvero correre una gara perfetta e arrivare solo quarto. Perché lì davanti c’è chi gira tre decimi più veloce a ogni tornata. Senza nemmeno sudare.
Fonte: Getty ImagesLa delusione del pilota britannico Lewis Hamilton (Ferrari) dopo il Gran Premio del Giappone 2025
Dal Giappone Charles esce a pezzi. Altro che speranze. Il progetto 677 non ha mantenuto nulla di quello che prometteva. La macchina pecca sotto diversi aspetti tecnici, e questo è un dato di fatto incontrovertibile. Il realismo del monegasco fa il paio con l’umiltà feroce di Hamilton. Lui ha vinto tutto, pure il concorso dei tappi della Coca-Cola al supermercato. Ma non molla e continua a crederci. E ora ci chiediamo: Ferrari se li merita due piloti così?
Fred ha perso la presa. E pure la faccia.
A volte sembra che Vasseur abbia la parola sbagliata sempre pronta. Si contraddice, si smentisce, dice l’opposto di ciò che dichiarano i suoi piloti. Lewis ha parlato del nuovo fondo previsto per il Bahrain. Mentre Leclerc ha detto che in Giappone, dalla SF-25, è stato spremuto tutto e nulla in più si poteva fare. E Fred? Esce con la sua sparata: “Gli aggiornamenti sono fermi finché non saremo capaci di estrarre più potenziale.”
Risultato? In un colpo solo riesce a smentire entrambi. Dice che serve tempo, ma nel mentre le incongruenze si sprecano. C’è poi un’altra questione molto interessante da sottoporre ai tifosi. Poche settimane fa, un certo Loic Serra, direttore tecnico della Ferrari, si era premurato di raccontare un aspetto per tranquillizzare la piazza, sostenendo che la correlazione tra pista e fabbrica funzionava. E allora una domanda nasce da sola.
Se i dati sono perfetti, se la correlazione è ok, perché la macchina non ne vuole sapere di andare forte? Perché ci avevano detto che si puntava alla vittoria iridata? Se tutto funziona ma in pista si sommano figure barbine, probabilmente qualcosa non torna, giusto? E allora, per non dare l’impressione del “cacciaballe” sarebbe meglio parlare chiaro, proprio come piace all’ingegnere del lunedì…