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Fermata dalla Polizia la ‘Nuova Narcos Europea’ del clan Molè con ramificazioni in tutta Italia

Nov 16, 2021

AGI – Fiumi di cocaina che venivano importati dal Sud America e smerciati da affiliati della ‘Ndrangheta in tutta Italia. Con un’operazione coordinata da tre procure nazionali Antimafia, quella di Reggio Calabria, di Milano e Firenze, gli investigatori della Polizia hanno disarticolato una pericolosa associazione che vedeva al vertice la cosca Molè della piana di Gioia Tauro attiva in diverse regioni Italiane e con contatti internazionali.

L’associazione, hanno scoperto gli investigatori, veniva chiamata dagli indagati nel corso delle intercettazioni “Nuova Narcos Europea”, espressione che ha dato anche il nome al blitz dell’Antimafia.

Nel corso delle indagini è stata sequestrata circa una tonnellata di cocaina e sono finite in manette 100 persone che dovranno rispondere, a  vario titolo di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, autoriciclaggio, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, produzione, traffico e cessione di sostanze stupefacenti, usura, bancarotta fraudolenta, frode fiscale e corruzione.

“Se fossimo stati in Calabria ti avremmo sciolto nell’acido”. Questa una delle frasi intercettate dagli inquirenti e riferita nel corso di una conferenza stampa dal capo della Procura Dda di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri. La minaccia è stata indirizzata ad alcuni operatori portuali di Livorno dagli appartententi alla cosca ‘ndranghetista.

Indicato dagli inquirenti come capo clan è il giovane Rocco Molè, di appena 26 anni, ed è stato per 3 anni, quando ancora era minorenne, a Torino in una struttura di recupero gestita da “Libera” nell’ambito del progetto “liberi di scegliere” promosso dall’autorità giudiziaria minorile per il reinserimento nella società dei figli dei boss mafiosi.

Molè, alla morte dello zio omonimo Rocco, assassinato nel 2008 nell’ambito di un conflitto interno con gli alleati storici Piromalli, decise di lasciare il programma per rientrare nell’ambiente criminale per dedicarsi agli affari della famiglia. Il clan Molè, secondo la Dda reggina, si sarebbe allargato nelle regioni del Nord, in particolare in Lombardia, dove avrebbe impiantato i metodi classici della ‘ndrangheta, con mire espansionistiche sulla Svizzera.

“È l’ennesima dimostrazione della presenza della Polizia di Stato e dell’attenzione che ha riguardato il territorio della Piana di Gioia Tauro che da sempre vede la presenza di organizzazioni molto pervicaci e ramificate sul territorio, che hanno inquinato tutti gli aspetti economici di quel territorio. La cosca Molè soprattutto operativa nel settore del traffico di stupefacenti e aveva ramificazioni su tutto il territorio nazionale”. Ha detto il questore di Reggio Calabria, Bruno Megale.

“Le indagini hanno dimostrato che non esiste più differenza dell’agire mafioso, lo spaccato che emerge da questa inchiesta è che c’è un’attività violenta, militare, con estorsioni a tappeto anche nel Nord Italia”. Lo ha detto il direttore centrale anticrimine della Polizia di Stato, il prefetto Francesco Messina.

“La cosca Molè – ha aggiunto Messina – ha operato in diversi contesti con le stesse modalità incisive che ha utilizzato nel proprio territorio, come la realtà lombarda, comasca e varesotta, perché all’interno di quel contesto ha operato con estorsioni a tappeto, alcune delle quali connotate da altissimo tasso di violenza. 

Il filone milanese delle indagini è stato condotto dalla Polizia di Stato in collaborazione con il Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Como.

In Lombardia sono state fermate 54 persone indagate a vario titolo di associazione di stampo ‘ndranghetista, estorsione, traffico di droga, bancarotta e reati fiscali.

Da un lato – ha osservato il pm antimafia di Milano Alessandra Dolci – restano “i riti di iniziazione” e “le ‘mangiate'” dall’altro c’è una “‘Ndrangheta 2.0 che sfrutta gli imprenditori per acquisire il loro know-how” così da “sostituire le mazzette con i proventi dell’evasione fiscale”. 

Tra le persone fermate c’è anche un militare della Guardia di Finanza di Olgiate Comasco. Nel capo d’imputazione si motiva il provvedimento “per il sistematico asservimento delle funzioni e poteri di pubblico ufficiale inerenti la qualifica coperta nonché per il compimento degli atti contrari ai suoi doveri d’ufficio” consistiti nell’introdursi nella banca dati alla quale aveva accesso in quanto finanziere per assecondare le richieste di alcuni presunti appartenenti al gruppo criminale

In particolare, stando al provvedimento di fermo firmato dai pm il militare sarebbe stato “a libro paga della famiglia Salerini” e, in questa veste, avrebbe compiuto “atti contrari ai doveri di ufficio, tra cui comunicazione di informazioni riservate e interventi su loro richiesta in caso di sanzioni amministrative irrogate ai loro mezzi”.

 “La criminalità organizzata non è un fenomeno concentrato solo in certe regioni d’Italia. Qui ha più difficoltà a prendere il controllo politico del territorio ma rischia di arrivarci qualora non si alzi la soglia d’allerta da parte di tutti. Chi si avvicina a questo mondo per difficoltà o per timore nell’illusione di guadagnare migliori condizioni deve sapere che sta giocando con il fuoco”. Ha detto il procuratore facenti funzioni della Repubblica di Milano Riccardo Targetti lanciando un appello alla società civile.

“Guarda che adesso vengo lì e sparo prima a quel coglione di fianco a te, poi a te perché non ho niente da perdere!”. Anche così si rivolgevano Antonio Salerni e Attilio Salerni, indagati nella tranche lombarda dell’inchiesta sulla ‘ndrangheta condotta da diverse Procure, a 4 dipendenti della Spumador, produttrice di diverse bibite e bevande tra cui la celebre ‘spuma’. I due, stando al provvedimento di fermo costringevano “attraverso violenze e minacce” dirigenti e dipendenti, in particolare quelli addetti all’ufficio pianificazione trasporti, “ad assegnare alla ditta Sea Trasporti commesse di trasporto anche in violazione dei criteri generali fissati dall’azienda e dei criteri di economicità” procurandosi così “un ingiusto vantaggio patrimoniale consistito nel corrispettivo pagato da Spumador a Sea Trasporti per i trasporti effettuati”. 

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