Nel grande solco dei revival che ha caratterizzato questa prima parte del decennio, anche le serie Tv sono diventate il mezzo per riutilizzare o rinnovare numerosi brand d’intrattenimento. I risultati non sono sempre dei migliori, spesso a causa di un riutilizzo forzato e fuori tempo delle strutture originarie. Per fortuna non è questo il caso di Fargo, che proponesceneggiatura e tematiche nuove rispetto all’omonimo film del 1996 dei fratelli Coen, con cui condivide solo l’aspetto estetico e la location innevata.
La serie si inserisce nel trend rilanciato da True Detective, ovvero gli show con struttura antologica, con personaggi nuovi e trama autoconclusiva in ogni stagione. La prima annata si basa su una storia vera e ruota attorno a Lester Nygaard (Martin Freeman), un agente assicurativo senza spina dorsale che abita nella fredda cittadina di Bemidji. Vessato da moglie, clienti e colleghi, Lester non si sente realizzato e contento, ma il fortuito incontro con il sicario sociopatico Malvo (Billy Bob Thornton) lo porterà a riprendere le redini della sua vita. I risultati, però, non sono per niente positivi, e l’intera comunità si troverà a soffrire per via della sempre più fitta spirale di bugie create da Lester.
Per certi versi il percorso di crescita del protagonista è paragonabile a quello di Walter White di Breaking Bad(vedi anche Breaking Bad: una serie che tutti devono recuperare), pietra miliare della serialità moderna: entrambi i personaggi sono bloccati in una routine vuota e senza senso e sottostimati per le loro reali capacità, e quello che più vogliono è riscattarsi socialmente, anche a costo di superare il limite. Rispetto alla vicenda di Walter, la storia di Lester assume toni più grotteschi e paradossali, a volte arrivando a minacciare la sospensione dell’incredulità, senza però perdere di efficacia. L’attore che lo interpreta, già noto per il suo ruolo come Watson in Sherlock, brilla per eccentricità e bravura, che gli permettono di rappresentare due caratteri completamente distinti nello stesso personaggio a distanza di poche scene.
Anche il co-protagonista Malvo riesce sempre a conquistare l’attenzione dello spettatore: compie omicidi e crimini con risolutezza, con toni calmi e tranquilli e senza mai scomporsi e batter ciglio. Thornton porta sul piccolo schermo uno dei personaggi più assurdi e surreali degli ultimi anni, e diventa quasi il simbolo della malvagità insita nel quotidiano, spesso presente nella filmografia dei Coen (qui nel ruolo di produttori).
La bugia iniziale è soltanto la punta dell’iceberg della trama: c’è un sapiente alternarsi di momenti di calma e di azione riesce a intrattenere lo spettatore, che sarà soddisfatto dai tocchi di classe registici e di sceneggiatura. Quest’ultima è attenta a costruire verosimili relazioni di causa ed effetto, solo in alcuni casi un po’ forzate. L’intero cast è decisamente ottimo e composto da personaggi surreali e a tratti comici nelle loro quotidiane ma strambe abitudini, che vanno a creare situazioni sempre più arzigogolate e coralmente ben costruite. L’effetto migliore lo si ha nelle scene all’aperto con la neve, dove l’azione immersa nel bianco assume un tono molto più irreale, e le scelte cromatiche sul manto innevato delle pianure americane mettono in particolare risalto la violenza.
Il grande successo di critica e pubblico ha valso a questa prima stagione due premi ai Golden Globe 2014, come Miglior Miniserie e Miglior Attore (a Thornton). Tale successo ha permesso anche all’Italia di godere di un adattamento ottimo, trasmesso su Sky Atlantic e in chiaro su Rai4. Un altro must-watch per la serialità moderna.
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