Una bambina nuda su Facebook? Roba da pedofili. Via! Censurata. Peccato che si trattasse di una foto storica, icona della brutalità della guerra del Vietnam degli anni Sessanta e Settanta. Una bambina nuda – Kim Puch aveva 9 anni nel 1972 – che fugge piangendo dopo l’ennesimo bombardamento al napalm. La foto era stata postata dallo scrittore norvegese Tom Egeland, che sul social aveva lanciato un dibattito sulle “sette fotografie che hanno cambiato la storia della guerra”. Facebook l’aveva rimossa e sospeso l’account, reiterando la censura nei confronti di quanti avevano rilanciato il post, compresi il quotidiano Aftenposten e il primo ministro norvegese. Poi, travolto dall’ondata mondiale di indignazione, il social network ha fatto marcia indietro e chiesto scusa.
Ecco la nota del portavoce di Facebook. “Un’immagine di un bambino nudo – c’è scritto – normalmente, violerebbe i nostri community standard, e in alcuni Paesi potrebbe addirittura essere considerata un’immagine pedopornografica. In questo caso, riconosciamo la storia e l’importanza globale di questa immagine nel documentare un particolare momento storico. Grazie al suo status di immagine iconica di importanza storica, il valore della sua condivisione supera il valore della protezione sociale attraverso la rimozione, quindi abbiamo deciso di ripristinare l’immagine su Fb. Inoltre – conclude il comunicato – modificheremo i nostri meccanismi di revisione per permettere la condivisione di quest’immagine d’ora in avanti”.
Algoritmo bacchettone o stupido censore umano? Lo scrittore Tom Egeland propende per la seconda ipotesi. “Non in base a un algoritmo – sostiene in un’intervista a La Repubblica oggi in edicola – se ci sono reclami contro una foto, la stessa foto viene cancellata per decisione di una o più persone fisiche all’interno di Facebook”. E aggiunge: è senza dubbio “un caso di censura. Chiedo comunque a Facebook di assumere editor più preparati e capaci di valutare meglio. Perché sono d’accordo con la loro policy contro il materiale pedopornografico. Ma prima di ripensarci avevano rimosso persino le copie delle prime pagine degli giornali USA con quella foto”.
PS. La foto di copertina è della vignettista Inge Grødum ed è stata pubblicata dal quotidiano norvegese Aftenposten con questa didascalia: “Cosa dice l’algoritmo? Questo può andare”?