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Ex Ilva, le aziende dell’indotto minacciano il ritiro degli operai e il blocco delle portinerie

Nov 17, 2019

TARANTO – Il caso dell’ex Ilva a Taranto esplode anche nelle aziende dell’indotto. Gli autotrasportatori tarantini non escludono di bloccare le portinerie d’ingresso ed uscita merci dello stabilimento siderurgico se ArcelorMittal non salderà a breve le fatture di trasporti effettuati da agosto a oggi. In più se domani ArcelorMittal non salderà le fatture alle ditte dell’indotto-appalto o non ci saranno garanzie in tal senso, le stesse imprese potrebbero ritirare gli operai dai cantieri.

Lo si apprende da fonti sindacali. Alcuni imprenditori hanno espresso la volontà di “mettere in liberà i dipendenti” a causa del mancato pagamento delle fatture da parte della multinazionale franco-indiana che vuole lasciare Taranto. Le imprese hanno maturato un credito complessivo intorno ai 60 milioni.

Le imprese hanno già proclamato lo stato di agitazione della categoria, mettendo in mora l’azienda.

La doppia inchiesta sull’addio di Arcelor Mittal

Dopo la magistratura di Milano si muove anche quella di Taranto che apre una seconda inchiesta sull’addio di ArcelorMittal all’ex Ilva.

Inchiesta, per distruzione dei mezzi di produzione con danno per l’economia nazionale nata dalla denuncia consegnata dai commissari straordinari al Procuratore della Repubblica Carlo Maria Capristo e al procuratore aggiunto Maurizio Carbone. Mentre lunedì l’aggiunto milanese Maurizio Romanelli e i pm Stefano Civardi e Mauro Clerici si incontreranno per mettere a punto l’atto della loro costituzione nella causa civile con cui ArcelorMittal chiede di recedere dal contratto di affitto dell’ex stabilimento e i commissari, con il loro ricorso cautelare, di fermarli per preservare l’azienda.

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Sempre la prossima settimana inquirenti e investigatori tarantini cominceranno a convocare una serie di testimoni per far luce sulla situazione del polo siderurgico. E questo alla luce dell’esposto presentato – il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli ha ringraziato – nel quale si ipotizza sia stato violato l’art.499 del codice penale, in quanto si ritiene che il gruppo dell’acciaio con il suo quartier generale in Lussemburgo abbia messo in atto un processo di abbassamento della produzione degli impianti e di riduzione del loro calore. Processo che causerebbe un grave danno agli impianti e di conseguenza all’ economia italiana poichè lo stabilimento di Taranto è strategico dal punto di vista nazionale “ex lege”.

Il presidente del Consiglio, raccontano dal governo, lavora in queste ore attraverso ogni canale, anche diplomatico, per una soluzione che eviti lo spegnimento degli altiforni e la perdita di oltre diecimila posti di lavoro. Il ministro Stefano Patuanelli tiene i contatti con i commissari e con i dirigenti italiani dell’azienda. I Mittal potrebbero tornare a Palazzo Chigi a inizio settimana (ma manca ancora ogni ufficialità), poi mercoledì o giovedì il Consiglio dei ministri si riunirà con all’ordine del giorno proprio il dossier Taranto.

Tra le armi di cui l’esecutivo dispone per trattare ci sarebbero ammortizzatori sociali per i lavoratori (ma di certo non i 5000 esuberi chiesti da Mittal), sconti sull’affitto degli impianti, defiscalizzazione delle bonifiche, una soluzione per l’Altoforno 2 su cui devono pronunciarsi i giudizi, una partecipazione di Cdp. E lo scudo penale su eventuali inchieste per danno ambientale.

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Di Maio:” Dobbiamo riportare al tavolo Arcelor Mittal”

“La strada su cui stiamo puntando come governo è far desistere ArcelorMittal dall’abbandonare Taranto per via giudiziaria. Perché se la multinazionale se ne va un anno dopo gli accordi fatti, questo noi non lo possiamo permettere. Lo Stato si deve far rispettare. Tutte le altre scelte deriveranno poi dal fatto che la multinazionale indiana si deve sedere di nuovo al tavolo. Noi speriamo ci possa essere un tavolo a Palazzo Chigi”. Lo ha detto il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, parlando del caso dell’ex Ilva ad Acerra (Napoli).

Quando si tocca il tema arrivano le divisioni. Tanto che Michele Emiliano denuncia un allarme creato ad arte da Mittal per “mettere in crisi il governo”. Di Maio è convinto che prima si debba “trascinare in tribunale” l’azienda e attendere il risultato del ricorso d’urgenza presentato dai commissari a Milano: lo scudo è solo un “pretesto”, ininfluente, e di piani B per ora non si deve neanche parlare, sostiene.

Dal Pd, invece, Nicola Zingaretti dà “ragione” agli operai quando chiedono al governo di “accelerare” il confronto con l’azienda. Non aspettare. “Non si accettano ricatti”, dice Peppe Provenzano. Ma se l’azienda accetta di sedersi al tavolo e tratta per restare, dichiara Andrea Marcucci, l’esecutivo deve varare subito un decreto con uno scudo per tutte le aziende “in contesti di forte criticità ambientale, a partire dall’ex Ilva”. E il capogruppo Pd alla Camera Graziano Delrio chiama in causa Conte: “Noi siamo davvero la comunità del

Lavoro. Noi saremo giudicati su Taranto. Il presidente del consiglio ha la nostra piena fiducia ma di questo percorso vogliamo essere partecipi perchè è un percorso che ci riguarda.

Non possiamo essere esclusi”.

Anche Iv, con Teresa Bellanova, invoca lo scudo. Ma il M5s spiega che ad ora non se ne parla e spera non si renda necessario, perché se è vero che Patuanelli e Conte sono pronti a spiegare ai gruppi pentastellati le ragioni per reintrodurre la tutela, al Senato rischierebbe di aprirsi una faglia con una pattuglia di pentastellati irremovibili (e decisivi per il governo).

Ma, mentre partono iniziative individuali come quella dell’ex ministro Carlo Calenda per “parlare con i Mittal”, lo scudo lo invocano tanto i sindacati, con Annamaria Furlan della Cisl, quando Vincenzo Boccia per Confindustria (“Servono soluzioni, non prove muscolari”). “Resisteremo alla chiusura degli impianti”, annuncia Francesco Brigati della Fiom: lunedì si terrò un consiglio di fabbrica, si pensa a uno “sciopero al contrario” per tenere accesi gli altoforni. “Sarebbe barbarie”, osserva Maurizio Landini della Cgil, se l’azienda vincesse.

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