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Ex Ilva, i commissari contro ArcelorMittal: “Su scudo conclamata falsità, da azienda capitalismo d’assalto”

Gen 21, 2020

MILANO – La revoca dello stop per l’altoforno2 deciso dal tribunale del riesame alcune settimane fa venire meno i presupposti per il disimpegno di ArcelorMittal. È quanto scrivono i legali dei commissari di Ilva nella memoria presentata nell’ambito del contenzioso civile in corso a Milano. Inoltre, si sottolinea nel testo, l’affermazione di ArcelorMittal secondo cui “la mancata estensione temporale dello scudo penale renderebbe ‘impossibile attuare il piano ambientale senza incorrere in responsabilità (anche penali) conseguenti a problemi ambientali ereditati dalla precedente gestionè non è pertanto una semplice mistificazione ma piuttosto una conclamata falsità”.

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La tesi di ArcelorMittal di una ‘esatta esecuzione del contratto di affitto degli stabilimenti di Taranto – accusano poi i commissari – “è del tutto mistificatoria” e porta ad evidenziare come il gruppo “non abbia mai regolarmente adempiuto al contratto e il livello del proprio inadempimento si sia gradualmente accresciuto man mano che la controparte comprendeva la propria inabilità a gestire in modo economicamente efficace i rami d’azienda presi in carico”.


Nella memoria i legali dei commissari usano parole durissime nei confronti dell’azienda. ArcelorMittal – scrivono – ha portato avanti le “consuete logiche” di “un certo tipo di capitalismo d’assalto secondo le quali se a valle dell’affare concordato si guadagna, allora ‘guadagno io’, mentre, se invece si perde, allora ‘perdiamo insieme'”. Nel testo si spiega che il gruppo “cerca oggi di imporre surrettiziamente una riduzione del personale di circa 5.000 unità”, di “dimezzare l’occupazione portandola da 10.700 dipendenti a soltanto 5.700”.

Nella memoria i legali rimarcano poi le possibili conseguenze di un disimpegno da parte del gruppo franco-indiano. “Le conseguenze economiche attivate dall’inadempimento di ArcelorMittal”, ossia “il fallimento del progetto di preservazione e rilancio dei Rami d’azienda”, porterebbero “ad un impatto economico pari ad una riduzione del Pil di 3,5 miliardi di euro, pari allo 0,2% del Pil italiano e allo 0,7% del Pil del Mezzogiorno”, scrivono i legali.

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