AGI – Marco Cappato, legale rappresentante dell’Associazione Soccorso Civile, si è autodenunciato alla stazione dei carabinieri Roma Vittorio Veneto, in via Barberini, insieme al figlio della regista e attrice romana Sibilla Barbieri morta ieri in una clinica Svizzera, dove si era sottoposta al suicidio assistito.
La Asl di Roma, benché vi fossero presumibilmente i requisiti per procedere a morte volontaria, aveva negato alla Barbieri, malata oncologica terminale, questa possibilità. Dopo essersi autodenunciato, Cappato ha voluto ricordare la lunga lotta portata avanti dall’attrice, a suo avviso, vittima non solo di una malattia irreversibile ma anche di “violenza di Stato”.
“Grazie a Sibilla che per anni si è battuta per vivere”, ha affermato nel corso di un punto stampa nella sede dell’associazione Luca Coscioni di Roma. “La vita e la lotta di Sibilla dimostra – ha aggiunto – che non c’è lotta tra chi vuole vivere e chi vuole morire. Sibilla Barbieri aveva diritto di ottenere l’aiuto alla morte volontaria legalmente in Italia: la dipendenza dal respiratore è la stessa che aveva DjFabo“.
“Quindi negare quel diritto, perché era questione di ore, perché il tumore le stava per intaccare anche le capacità cognitive, c’era dunque urgenza: su Sibilla c’è stata violenza di Stato. La stessa che hanno dovuto subire anche la famiglia e il figlio”. “O Rocca accerta cosa è accaduto oppure rassegna le sue dimissioni. Spero che non fosse informato e coinvolto”, ha aggiunto Cappato. Il figlio della regista e attrice romana, a margine del punto stampa, si è invece detto “dispiaciuto” per una “politica che chiude gli occhi davanti a sofferenza persone”.