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Emma Bonino a Firenze: “Noi, bravi a salvare tante vite umane, non abbiamo leggi per l’integrazione”

Gen 13, 2017

Hanno i documenti, vivono in Italia da anni, ma sono invisibili. Alì Muse, quarantaquattrenne somalo morto ieri notte nel rogo al capannone occupato di Sesto Fiorentino, è uno di loro. Ne parliamo con l’ex ministra degli Affari esteri Emma Bonino, radicale, oggi alle Murate di Firenze (ore 17.30, Sala La Rocca) per raccontare “L’Europa. Una convivenza difficile ma necessaria” (introduce Stefania Costa, coordina Anna Loretoni, docente di Filosofia politica alla Sant’Anna di Pisa).

Bonino, perché queste persone arrivate da altri paesi, sembrano non esistere?

“In Italia siamo veramente bravi nel salvare vite umane: dobbiamo essere grati alla Guardia costiera e a tutti gli operatori privati che sono impegnati in questo sforzo. Esiste anche una politica di assistenza, ma quel che manca completamente è il passaggio successivo: vale a dire un qualsiasi progetto d’integrazione. Questi uomini, donne e bambini vengono dimenticati. Il problema è che la normativa è retta da una legge obsoleta – la Bossi-Fini – che non vede applicazione e che richiede un superamento. Di fatto oggi abbiamo 6 milioni di immigrati regolari e 500mila irregolari, ma per pochi di loro abbiamo avviato procedure e leggi che prevedano l’inserimento nel mondo del lavoro e l’insegnamento della lingua italiana”.

La norma va costruita a livello europeo?

“Purtroppo, com’è noto, non c’è ancora accordo tra gli Stati Membri e bisogna che intanto i Paesi facciano quel che c’è da fare a casa loro, diventando un buon esempio”.

Gli immigrati sono seguiti fino a un certo punto, ma poi sono abbandonati a se stessi. Come invertire la tendenza?

“Le cose si cambiano sedendosi a un tavolo, ragionando e agendo. Il fatto è che non solo non abbiamo una legge sull’integrazione, ma abbiamo anche strumenti fragili. I centri per l’impiego che dovrebbero aiutare a trovare lavoro agli italiani e anche agli immigrati regolari, in Italia sono sottodotati. Basta fare un confronto con il Regno Unito: lì i centri per l’impiego pubblici hanno 78mila operatori e nel 2010 hanno speso 5,7 miliardi di euro per gli stipendi e 5,3 miliardi per i sussidi ai disoccupati grazie al fatto che hanno trovato velocemente lavoro al 75% di loro. In Italia invece la percentuale di chi ha trovato lavoro tramite i centri è irrisoria. Ci sono appena 9mila addetti pagati con 474 milioni, mentre la spesa per i sussidi di disoccupazione è stata di 21 miliardi nel 2010, diventati 25 nel 2014”.

E gli irregolari? I piccoli Cie (centri di identificazione ed espulsione) proposti dal ministro Minniti sono la soluzione?

“Non è ancora chiaro cosa voglia fare il governo, quindi aspetto a pronunciarmi. Gli irregolari sono circa 500mila e l’Italia pare punti all’espulsione di 20mila l’anno. Se l’obiettivo rimane questo, resta il problema di dare una regolarizzazione agli altri 480mila. Puntare solo sui rimpatri è limitante e non risolve il problema. Serve un canale di legalizzazione di queste persone. Non abbiamo ancora politicamente preso atto che il fenomeno della mobilità globale accompagna l’umanità da sempre ed è destinato a rimanere con noi”.

La Toscana promuove il modello dell’accoglienza diffusa ed è contraria alla concentrazione di grossi numeri di migranti in grandi strutture. Lei cosa farebbe se fosse sindaco?

“Cercherei, come molti stanno già facendo, di fare tutto quel che mi è consentito in termini di legge: ci sono sindaci che hanno aderito volontariamente allo Sprar (il sistema di protezione diffusa per richiedenti asilo e rifugiati) riconosciuto anche a livello internazionale. Il punto è che i Comuni che hanno dato la disponibilità ad accogliere sono poco più di un migliaio su ottomila e che le loro possibilità di azione sono molto limitate dalla legge vigente”.

Lei ha ideato un prontuario per smontare punto per punto i falsi miti sui migranti. Anche questo può favorire l’integrazione?

“Partire dalla realtà è indispensabile. Ragionare a partire dai numeri e far ragionare l’opinione pubblica partendo da ciò che è vero e non dal sentito dire. Ad esempio in Italia c’è la percezione che i migranti siano il 30% della popolazione e invece sono l’8. Bisogna cambiare il racconto di questa vicenda ammettendo che è un problema ma non un’invasione

ingovernabile”.

A novembre ha incontrato Papa Francesco per parlare di flussi migratori, accoglienza e integrazione. Cosa vi siete detti?

“Gli ho consegnato “Governance delle politiche migratorie tra lavoro e inclusione sociale”, la ricerca fatta da Radicali italiani e le relative proposte di azione avendo constatato che ci sono molti punti in comune con le parole che Sua Santità va ripetendo pubblicamente da tempo”.

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