AGI – Le sirene anti-aeree e il frastuono delle prime bombe sganciate dall’aviazione russa alle 5 del mattino di un anno fa, era il 24 febbraio 2022, svegliarono l’intera popolazione ucraina. E diedero una scossa al mondo intero.
Da allora si parla di dolore e morte, caduti al fronte, città distrutte, fosse comuni, vite svanite. E tantissimi profughi che hanno abbandonato in fretta le loro case, cercando rifugio nei paesi confinanti, e non solo. In Italia ne sono arrivati oltre 150mila. Un ruolo importante nella catena degli aiuti lo ha avuto Emergency, l’associazione umanitaria fondata da Gino Strada, che fin da subito si è attivata per fornire assistenza medica e psicologica ai confini con la Moldavia, con un ambulatorio mobile super accessoriato.
Per fare un bilancio di quest’anno di guerra e di assistenza, l’AGI è andata a parlare con la presidente di Emergency, Rossella Miccio. Cosa è cambiato in quest’anno? “Tantissimi hanno perso la vita, sono rimasti feriti, sono senza casa, milioni di persone sono scappate. Questo dovrebbe farci capire quanto è urgente fermare l’escalation militare e impegnarsi seriamente nel trovare delle vie per un cessate il fuoco immediato e una conferenza di pace”.
Finora ci si è concentrati sul sostenere militarmente l’Ucraina e sul pensare “alle armi come unica soluzione. Oggi – ribadisce – torniamo a chiedere con forza la pace”. Per questo nel weekend ci sarà in tutta Italia, da Palermo a Milano, una grande mobilitazione di cittadini e associazioni, coordinata dalla rete Europe For Peace, per “chiedere alla politica di far sì che tacciano le armi e si arrivi a un vero negoziato”.
Le iniziative culmineranno simbolicamente a Roma nel pomeriggio di sabato 25, con una fiaccolata che terminerà al Campidoglio. “Ci saranno manifestazioni anche a Parigi, Berlino, Bruxelles perché – spiega Miccio – la pace è un valore fondante dell’Unione Europea e vorremmo che la politica rispettasse questi nostri valori costitutivi”. E attenzione perché i pericoli di questo conflitto non riguardano “solo l’uso di armi nucleari: l’Ucraina ha le centrali nucleari più grandi d’Europa, quindi basta davvero un colpo che va nel posto sbagliato per arrivare a un disastro”.
“Non ci possiamo più permettere un rischio così elevato: questo dovrebbe spingere nella direzione di trovare un accordo a tutti i costi”. Quale potrebbe essere la strada? “La diplomazia è stata il grande assente di questo ultimo anno. L’occidente si è concentrato sul supporto militare all’Ucraina. E’ stato un errore enorme, e non perché gli ucraini non debbano giustamente difendersi ma perché il ruolo delle parti terze dovrebbe essere quello di far sì che si arrivi a un compromesso nel più breve tempo possibile per costruire una pace, che non vuol dire sconfitta o umiliazione del popolo ucraino. La pace non può essere disgiunta dalla giustizia, però bisogna lavorare per arrivarci”.
Intanto pochi giorni fa, c’è stata la visita della premier Giorgia Meloni a Kiev per assicurare pieno sostegno. “Il nostro Paese – replica la presidente di Emergency – pare abbia inviato armi tra gli 800 milioni e il miliardo di euro: un investimento non solo esagerato ma inutile, perché ci avevano detto che sostenendo la resistenza ucraina la guerra sarebbe finita prima e invece è passato un anno, c’è ancora più violenza e la pace sembra ancora più lontana”.
Con l’ambulatorio mobile avete fornito assistenza medica e infermieristica a circa 500 pazienti, servizi di orientamento a 439 persone e supporto psicosociale a 153. E con il progetto psicoeducativo avete raggiunto 137 bambini rifugiati e le loro famiglie.
Qual è la situazione adesso per chi è rimasto in Ucraina? “A gennaio siamo andati nelle zone orientali dell’Ucraina, nel Donbass, e abbiamo visto quello che in realtà ci aspettavamo. La guerra fa vittime dirette e indirette, ci sono tante persone, anziani e disabili, che non potevano o volevano spostarsi e si ritrovano a vivere in posti dove gli ospedali sono stati bombardati e non si cono neanche più i medici di famiglia. Quello che stiamo pensando di fare è mettere in piedi degli ambulatori sia fissi che mobili per garantire l’assistenza sanitaria di base”.
E proprio perché il passar del tempo è complice della distrazione “non possiamo voltarci dall’altra parte. Quando calano i riflettori è importante esserci per aiutare chi è lì”. Mai rassegnarsi o abituarsi quando si parla di guerra, è il messaggio dell’associazione. Per questo Rossella Miccio lancia un appello: “Invitiamo tutte le persone che credono sia urgente e necessario lavorare per un cessate il fuoco immediato, a farsi sentire. Sappiamo che siamo tantissimi. A novembre a Roma c’erano 100 mila persone. Vuol dire che la sensibilità delle persone c’è. Bisogna mettersi insieme perché così siamo più forti e spingere la politica, la nostra e quella Europea, ad agire di conseguenza, per la pace”.