AGI – “La difesa aerea è una priorità” aveva detto il presidente ucraino Zelensky al termine di una giornata nera: 19 morti sotto una pioggia incessante di missili russi caduta su Kiev. Il peggior attacco dal 24 febbraio. Se e in che misura sarà escalation o se si è trattato di una rappresaglia successiva all’attacco al ponte di Kerch in Crimea, lo vedremo nei prossimi giorni. Restano le dimensioni di un attacco pesante. “La mattinata è difficile. Abbiamo a che fare con i terroristi. Dozzine di missili, “Shahid” iraniani” aveva scritto Zelensky a inizio giornata sul suo account ufficiale Telegram.
Shahid iraniani? Quelli che Zelensky chiama in causa sono i droni Shahed-136 di fabbricazione iraniana. “Il nemico ha usato droni iraniani, modello Shahed-136, lanciati dal territorio della Bielorussia e contemporaneamente dalla Crimea occupata“, ha ribadito lo Stato Maggiore ucraino in una nota pubblicata su Facebook. Proprio Il ministero della Difesa ucraino a metà del mese scorso, per la prima volta, durante la violenta controffensiva dell’Ucraina nel nord-est del paese, aveva riferito dell’uso dello Shahed-136. Lunedì il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Nasser Kanani ha negato di aver fornito i droni alla Russia, definendo le affermazioni “prive di fondamento”.
I numeri dello Shahed-136
Prodotto dalla Iran Aircraft Manufacturing Industrial Company (azienda sottoposta alle sanzioni statunitensi), lo Shahed-136 è un piccolo veicolo aereo a pilotaggio remoto (unmanned aerial vehicle o anche UAV) che, di solito in formazioni di due, esplode all’impatto con il bersaglio e per questo viene chiamato drone “kamikaze”. Lungo 3,5 metri, ha un’apertura alare di 2,5 metri e una velocità massima di 185 chilometri orari. Secondo il Ministero della Difesa britannico “lo Shahed-136 è un UAV d’attacco a senso unico con una portata dichiarata di 2.500 chilometri. La Russia si rifornisce sempre più di armi da stati pesantemente sanzionati come Iran e Corea del Nord mentre le sue scorte diminuiscono”.
Lo Shahed ha una fusoliera a forma di delta, che può trasportare una testata fino a 36 chilogrammi. Vola principalmente a bassa quota ed è raramente rilevabile dai radar, ha sottolineato Yurii Ihnat, come riportato da EurasianTimes. Il drone si alza in volo su una struttura che permette il dispiegamento in sequenza fino a cinque velivoli. Il lancio è di tipo assistito a razzo, al quale subentra il motore convenzionale una volta che il drone ha raggiunto la quota prestabilita. Rumorosi, economici, adatti ad un uso massiccio con lanci a raffica, i droni Shahed-136 sono in competizione con i Bayraktar TB2, forniti dalla Turchia all’Ucraina, più veloci e sofisticati, determinanti nei primi giorni degli scontri.
Secondo Justin Bronk, senior fellow del think tank britannico Royal United Services Institute, “lo Shahed-136 offre un modo relativamente economico di sferrare attacchi a lungo raggio su obiettivi fissi (utilizzando GPS/INS navigazione) o radar (utilizzando un cercatore anti-radiazioni)”. Il drone, secondo l’esperto, colpisce un bersaglio schiantandosi contro di esso insieme agli esplosivi. Bronks spiega che la navigazione e la precisione di Shahed si basano su sistemi GPS commerciali.
Inoltre, la sua capacità di trasportare solo una testata tra 5-30 kg limita le sue capacità di attacco. Infine, il drone manca anche della capacità di colpire bersagli mobili e ha meccanismi di difesa minimi contro i sistemi anti-UAV. Bronks nota che sono “lenti e a bassa quota”, il che limita il loro utilizzo come armi rapide e di contrattacco sul campo di battaglia.
I droni Shahed-136 sono entrati ufficialmente in servizio in Iran nel 2021 e sono stati presentati per la prima volta nel dicembre 2021, pochi mesi prima l’inizio della guerra in Ucraina. Secondo diverse fonti erano però già operativi nel 2020 nello Yemen.