Come riportato ieri anche su questo giornale, il genetista Giuseppe Novelli è stato assolto in appello con formula piena perché il fatto non sussiste, in merito all’unica accusa residua delle due originariamente sollevate e legate ad alcuni concorsi universitari svoltisi quando era rettore dell’Università di Tor Vergata. Gli accusatori, il prof. Giuliano Gruner e il prof. Pierpaolo Sileri (ex viceministro a 5 stelle della sanità), hanno per via giudiziaria tentato di far valere le proprie ragioni ed i propri interessi, e la pubblica accusa ha proceduto per la sua strada; ma le ipotesi di reato attribuite al professor Novelli sono risultate infondate, ed oggi apprendiamo che il fatto non sussiste e nessun delitto è stato commesso anche per l’ultima delle due che era rimasta in piedi fino al secondo grado di giudizio.
Sin qui, sebbene non si augura a nessuno di essere trascinato per tribunali lungo otto anni, la vicenda non avrebbe carattere straordinario: chi riteneva di aver subito gravi torti e di denunciare malversazioni nella pubblica amministrazione ha portato in tribunale colui che identificava come responsabile, senonché, insieme alla pubblica accusa, ha sbagliato del tutto le proprie valutazioni, e si ritrova oggi ad avere torto – vedremo poi meglio in che modo leggendo il dispositivo e le motivazioni di quest’ultima sentenza quando sarà possibile accedervi. Il professor Novelli è mio amico, ma non intendo tediare il lettore con il racconto delle ovvie conseguenze che una vicenda giudiziaria come questa può avere su una persona che deve aspettare otto anni prima di sapere riconosciuta la propria onestà, e per otto anni non si sottrae, non dà di matto in pubblico, non perde fiducia nei giudici e va avanti anche in tutto il resto del suo lavoro di ricercatore internazionalmente riconosciuto e maestro accademico di moltissimi.
Quello che invece vorrei affidare alla memoria del lettore è un altro esempio di ciò che vorrei chiamare la malversazione giornalistico-giudiziaria del nostro paese, un meccanismo perverso che colpisce in continuazione persone di ogni condizione, purché abbiano una visibilità e un ruolo pubblici tali da poter rispettare il cliché del “potere corrotto”, finalmente esposto agli “occhi del popolo” e processato nei tribunali delle presse a stampa. Così, proprio per formare quella memoria di quanto quel meccanismo possa produrre, ricordiamo il titolo di un articolo di Gianantonio Stella sul Corriere nel 2018: “Il rettore indagato per i concorsi pilotati? Ai vertici della Sanità” . Nulla di falso era scritto in quell’articolo; ma il tono e l’argomentazione tutta non lasciano dubbi circa lo scopo del giornalista, ovvero il sottolineare uno scandalo e sollevare più di un dubbio sulla figura del prof. Novelli, badando più al registro di una sfuriata passata ai giornali, che al contenuto e alla verifica delle accuse di reato sollevate.
Anche la Stampa non aveva dubbi, all’epoca, e titolava nel 2019: “Minacce e promesse di carriera per far ritirare il ricorso, a giudizio il rettore di Tor Vergata”. Ora, sappiamo dalle aule del tribunale, la prima parte di questo titolo è del tutto falsa: il fatto non sussiste, per nessuna delle due accuse sollevate, e nel dare notizia di un rinvio a giudizio, bisognerebbe non anticiparne le conclusioni dando per scontato che i fatti di cui si accusa una persona risultino poi veri. Stesso vizio nel titolo di SkyTg24 della stessa data: “Roma, corruzione per nomine: a giudizio il Rettore di Tor Vergata”. Anche qui, l’enunciazione dell’accusa come se fosse un fatto, e l’annuncio del rinvio a giudizio come se fosse l’anticipo della punizione, invece che del procedimento per vagliare se quel fatto sia vero. E così ancora RaiNews, “Corruzione, rinviato a giudizio il rettore dell’Università Tor Vergata di Roma” , oppure giornali come la Provincia, “Tentò di corrompere Gruner e Sileri: l’ex rettore di Tor Vergata rischia la condanna”, e così via titolando, il meccanismo appare molto simile su moltissime testate: come scrisse allora in controtendenza Marianna Rizzini su questo giornale, il mostro fu comunque creato a mezzo stampa, perché i titoli presentavano le accuse come fatti, e annunciavano il giudizio come punizione.
E quando la stampa si muove in così gran parte a titillare l’opinione pubblica per lapidare un colpevole facile, quale chi in uno scatto d’ira si è lasciato sfuggire espressioni infelici e turpiloquio, l’opinione pubblica la segue e l’alimenta a sua volta, finché si arriva alle interrogazioni in parlamento, alle richieste di dimissioni, ad un lungo carosello di accuse cui ovviamente il reo già deciso non può rispondere, pena l’ulteriore gogna e strumentalizzazione delle sue parole. Di certo, il professor Giuseppe Novelli starà ben più attento alle parole che usa; ma i titolisti, ne siamo sicuri, continueranno esattamente allo stesso modo, e non per questo andranno a processo; anzi spingeranno un poco più avanti l’asticella del mercato dei colpevoli preconfezionati da vendere ai propri lettori, meglio ancora se insultano, minacciano e fremono di rabbia in una registrazione clandestinamente ottenuta, così che la loro immagine sia proprio quella del mostro cattivo e corrotto che si racconta.