• 2 Aprile 2025 6:44

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È sfida Usa-Ue (l’ennesima) sul “criptodollaro” di Trump

Mar 30, 2025

AGI – Altro che dazi. A incombere sull’Italia e sull’Europa è la politica del “dollaro forte”. Una storia antica che vede ora aprirsi un capitolo adeguato ai tempi: le criptovalute, la cui nuovissima evoluzione sono le ‘stablecoin‘, cioè quelle valute collegate a un asset finanziario di cui è unanimemente riconosciuto il valore, come, appunto, il dollaro.  

Giusto due giorni fa il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti era stato profetico allorché aveva detto che “si parla moltissimo dei dazi ma a me preoccupa soprattutto l’utilizzo delle criptovalute, o meglio delle stablecoin, per riaffermare il signoraggio del dollaro nel mondo”. Profetico perché ieri, la World Liberty Financial (WLF), società controllata al 60% dalla famiglia Trump, ha lanciato il progetto Usd1, una valuta digitale privata che dovrebbe essere agganciata al dollaro, e quindi avere un valore ‘stabile’ tale da poter essere usata negli scambi internazionali fra investitori sovrani e grandi istituzioni finanziarie.  

La WLF è stata fondata a settembre del 2024, due mesi prima della vittoria di Trump alle presidenziali, e in pochi mesi ha raccolto 550 milioni di dollari, con l’obiettivo di “rafforzare lo status globale del dollaro”. Un obiettivo che suona come un programma politico. Una mossa all’apparenza riservata agli addetti ai lavori della finanza ma dai risvolti geopolitici non indifferenti nel clima di crescente confronto tra le due sponde dell’Atlantico.  

Già le minacce commerciali di Trump hanno portato il biglietto verde, assieme a oro e bond decennali USA – altri beni rifugio – a rivalutarsi rispetto alle altre monete, in primis l’euro. Ma la mossa del WLF, leggi Trump, mirerebbe a esercitare un controllo politico diretto. Non è un caso che il presidente americano, dopo aver inserito lo sviluppo delle stablecoin (in dollari) nell’ordine esecutivo del 23 gennaio sulla finanza digitale, ha intimato alla banca centrale USA, la Fed, di bloccare i lavori sul dollaro digitale.  

Stesso diktat, appena meno esplicito, è arrivato rispetto al progetto europeo dell’euro digitale. Non a caso l’ordine presidenziale si intitola “Rafforzare la leadership americana nella tecnologia finanziaria digitale”. All’interno si legge che occorre “adottare misure per proteggere gli americani dai rischi delle valute digitali delle banche centrali”, che minacciano “la sovranità degli Stati Uniti”, anche “vietando l’istituzione, l’emissione, la circolazione e l’uso di una valuta digitale di una banca centrale all’interno della giurisdizione USA”.  

Il bando sembra fatto su misura per l’euro digitale, un progetto su cui la BCE negli ultimi mesi pare aver dato un’accelerata ma che risulta, a oggi, ancora in alto mare. L’euro digitale potrebbe diventare disponibile in circa “due anni, due anni e mezzo”, una volta completato il processo legislativo al Parlamento europeo, e la successiva adozione da parte della banca centrale europea.  

Sono i tempi stimati, pochi giorni fa, da Piero Cipollone , membro del Comitato esecutivo della BCE. Lo stesso Cipollone ha lasciato intravedere la valenza politica, oltreché economica, dietro il progetto monetario UE. “L’euro digitale è una necessità strutturale per il sistema di pagamenti europeo, indipendentemente dagli sviluppi in altri Paesi. Tuttavia, gli eventi recenti mettono in rilievo l’urgente necessità di compiere progressi in questa direzione”, ha affermato il membro della BCE.  

Resta da vedere se l’Europa riuscirà a ingranare la quinta sulla sua valuta digitale mentre Trump muove in fretta le sue pedine ‘cripto’.

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