Giovedì pomeriggio il presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi comincerà probabilmente le consultazioni con i partiti, attraverso le quali proverà a trovare una maggioranza disposta a sostenere un suo governo. La domanda principale è: sarà un governo più tecnico, cioè composto da figure esterne alla politica, o almeno in parte politico, cioè con alcuni ministri espressione dei partiti che lo sosterranno? A seconda della risposta potrebbe cambiare la posizione di alcune forze politiche determinanti per la formazione di una maggioranza, e in particolare quella del Movimento 5 Stelle. Draghi dovrà convincere almeno un partito tra il M5S e la Lega di Matteo Salvini, preferibilmente a sostenere il governo, o al limite ad astenersi per abbassare la soglia necessaria per la fiducia in Parlamento.
Poche ore dopo la notizia della convocazione di Draghi, il capo politico del M5S Vito Crimi aveva detto chiaramente che non avrebbero sostenuto il suo governo, seguito poi da altri importanti leader del partito. Ormai però è diventato chiaro che quella posizione potrebbe cambiare, soprattutto se Draghi sceglierà di includere tra i ministri alcuni politici dei partiti che lo sosterranno.
Mercoledì sera c’è stata una lunga riunione di partito in videoconferenza, durante la quale, secondo le cronache pubblicate oggi dai giornali, sono emerse le divisioni tra chi è nettamente contrario a un governo tecnico di Draghi e chi invece pensa sia responsabile sostenerlo. Dopo ore di silenzio, ha parlato anche il ministro degli Esteri uscente Luigi Di Maio, che ha detto di non essere contro Draghi, sostenendo però che «la strada da intraprendere è quella di un governo politico». Una posizione che sembra volutamente vaga e confezionata per tenersi aperta la possibilità di appoggiare il governo.
Il potenziale governo Draghi al momento conta sui voti abbastanza sicuri del Partito Democratico, di Liberi e Uguali, di Italia Viva e di diverse forze più piccole del centro, da Centro Democratico a Cambiamo! di Giovanni Toti. Ma senza i voti del M5S, è molto sotto alla maggioranza in Parlamento. Non basterebbe nemmeno tutta Forza Italia, che sembra plausibile possa decidere infine di sostenere Draghi; servirebbe anche almeno un pezzo della Lega, che però ha il problema di Fratelli d’Italia, in forte crescita e che potrebbe rimanere l’unico partito di destra all’opposizione, aumentando ancora i consensi.
Altre combinazioni perché il governo riceva la fiducia prevedono l’astensione di alcune forze politiche, come M5S o Lega, che potrebbero abbassare la soglia di maggioranza: ma per ora non c’è molta concretezza.
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A Otto e mezzo, mercoledì sera, Salvini ha detto che vuole sentire le proposte di Draghi prima di decidere se sosterrà o meno il governo. Salvini continua però a dire di voler votare presto, anche prima dell’estate, e potrebbe quindi porre la condizione che il governo gestisca soltanto i prossimi mesi – cruciali per le vaccinazioni e la gestione dei fondi europei per la ripresa – per poi dimettersi prima o durante l’estate. Non è ancora chiaro se Draghi possa starci. In questo scenario ideale di Salvini, si voterebbe tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, e a gennaio il prossimo presidente della Repubblica sarebbe eletto da un nuovo parlamento.
???? Stime YouTrend-@CattaneoZanetto sulla fiducia a #Draghi
Se la #Lega votasse sì o si astenesse, Draghi avrebbe facilmente la maggioranza alla #Camera, anche in caso di voto contrario del #M5S. Se Salvini optasse invece per il no, allora tutto dipenderebbe dai 5 Stelle. pic.twitter.com/5JDW7VpURo
— YouTrend (@you_trend) February 3, 2021
Oggi il Corriere della Sera scrive che Draghi potrebbe fare due giri di consultazioni con i partiti, prolungando quindi questa fase di trattative. Sui giornali si parla già dei nomi dei possibili ministri – la più citata è l’ex presidente della Corte costituzionale Marta Cartabia per la Giustizia – e della possibilità che uno di loro sia il presidente del Consiglio dimissionario Giuseppe Conte. Viene molto citato anche un presunto possibile scambio tra Conte e Paolo Gentiloni, attuale Commissario europeo all’Economia. Ma si tratta di speculazioni e retroscena, almeno per il momento.
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In questo scenario di un governo in parte politico, scrivono i giornali, diversi ministri del governo uscente potrebbero mantenere il loro posto. Il paragone più citato è quello del governo presieduto da Carlo Azeglio Ciampi tra il 1993 e il 1994, nato dopo lo scandalo di Tangentopoli, e il primo guidato da un non parlamentare. Oltre a diversi ministri che non arrivavano dalla politica, quel governo ne includeva anche della Democrazia Cristiana, del Partito Socialista e del Partito Democratico della Sinistra.