AGI – Le norme ok, ma da sole non bastano. Servono cultura, prevenzione, risorse e un nuovo linguaggio. Un ‘patto’ che veda tutti, a ogni livello, in campo. La richiesta di una nuova consapevolezza e di un nuovo impegno corale arriva da “Libere dalla violenza”, evento promosso dall’europarlamentare Caterina Chinnici, a Palermo.
“Poco più di un anno fa è stata uccisa Giulia Cecchettin. Dopo quel tragico fatto – ha detto – si è sperato in un cambiamento, ma a oggi ben poco se non proprio nulla è cambiato perché continuiamo ad assistere a questa guerra contro le donne solo perché sono donne, una grave violazione dei diritti umani, rispetto alla quale bisogna fare subito qualcosa”. Nell’ex Chiesa di San Mattia ai Crociferi, l’iniziativa che combina impegno civico e arte per sensibilizzare l’opinione pubblica, è stata cosi’ rilanciata l’urgenza di una risposta coordinata e concreta da parte delle istituzioni, sia a livello nazionale sia internazionale.
Spazio oggi anche a performance teatrali e artistiche con Ugo Bentivegna e gli artisti della compagnia “La valigia dell’attore”, tempo di riflessione più profonda sul tema della violenza di genere. Tra i relatori Paola Balducci, avvocata e professionista di diritto processuale penale; Maria Monteleone, magistrata; Roberto Puglisi, giornalista e direttore di Live Sicilia; Maria Rita Parsi, psicoterapeuta, psicopedagogista e scrittrice, moderati da Rita Lofano, direttrice di AGI, che ha sottolineato “l’importanza di mantenere i riflettori accesi. Piccoli passi sono stati fatti, sul fronte della prevenzione, ma fondamentale è tenere alta l’attenzione”.
In Europa una donna su tre, ha ricordato Chinnici, ha subito una qualche forma di violenza, fino ad arrivare alla forma piu’ estrema, il femminicidio. In Italia dall’inizio del 2024, secondo il ministero dell’Interno, sono state uccise 88 donne, di cui 52 per mano del proprio partner o dell’ex, “ma i dati non sono diversi negli altri Paesi europei”.
La lotta contro la violenza sulle donne “è una priorità che deve essere al centro delle politiche nazionali ed europee. è nostro dovere non solo ascoltare, ma agire, costruendo strumenti concreti di prevenzione, protezione e sostegno”, per Chinnici. Occorre intervenire “concretamente, in Europa”; il 14 maggio 2024, poco prima della conclusione della precedente legislatura europea, è stata approvata la direttiva 2024/1385 sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 14 giugno 2027. Cosi’ la fondatrice dell’intergruppo per i Diritti dei minori all’Europarlamento, ha spiegato che la direttiva “affronta il nodo con un approccio globale, è tra le normative più importanti in ambito europeo”.
Lo scopo, ha ricordato l’eurodeputata, è fornire un quadro giuridico generale in grado di prevenire e combattere efficacemente la violenza contro le donne e la violenza domestica in tutta l’Unione. Rafforza e introduce misure in relazione alla definizione dei reati e delle pene irrogabili, alla protezione delle vittime e l’accesso alla giustizia, all’assistenza alle vittime, a una migliore raccolta di dati, alla prevenzione, al coordinamento e alla cooperazione. La violenza sulle donne è considerato “un fenomeno transnazionale, come il terrorismo e la tratta degli esseri umani e quindi da combattere su basi comuni… stessi diritti e stessa protezione, dunque, a tutte le donne vittime di violenza”.
Ma “c’è un buco nero: la mancata previsione dello stupro tra gli eurocrimini indicati in questa direttiva. È pazzesco e incredibile che sia cosi’, ma siamo al lavoro per porvi rimedio”. Lo snodo è il tema del consenso: “Ci vuole il consenso altrimenti è violenza, altrimenti è stupro. Siamo impegnate a colmare questo vuoto”. Avverte, “una buona legislazione è importante, ma non basta. Serve agire sul piano della prevenzione e su quello culturale, volto al riconscimento dell’eguaglianza e del rispetto della dignità delle donne”.
È una violenza dai tanti volti quella inflitta alle donne. Una violenza che “si declina in varie forme: fisica, psicologica, economica, sessuale e istituzionale. La violenza di genere nasce dal considerare le donne una proprietà, una estensione dell’uomo”, ha sostenuto l’avvocata Paola Balducci. Una violenza che esplode spesso dopo che la donna ha lasciato il partner, scegliendo di vivere secondo la propria volontà, “in un tentativo di riaffermare un dominio”.
C’è anche un problema di linguaggio, “che rischia di legittimare e giustificare la violenza”, che rende uteriormente vittima la donna. Succede “quando a esempio si parla di delitto d’impeto, dell’aggressore come persona fragile o sopraffatta dall’emozione, o di amore malato, deresponsabilizzando l’uomo violento. Occorre un impegno di tutti, anche del giornalismo, per superare tutto questo”. Siamo pronti a fare nostra la sfida del linguaggio – ha assicurato Rita Lofano – questo passa anche dalla presenza di donne al vertice delle testate giornalistiche, ma sia ancora poche”. Così sulla violenza economica, “basta dire che solo il 42% delle donne italiane ha un conto corrente”, dato che si somma a quello della disparità salariale.
“Un cambiamento può esserci solo se ci sono formazione e informazione. Il rispetto per la vita passa dalle donne e le donne devono essere le prime a esserne consapevoli”, secondo Maria Rita Parsi, psicoterapeuta, psicopedagogista e scrittrice, videocollegata all’evento.
L’Italia, certo, ha “una buona legislazione, ottenuta con l’impegno e la determinazione di moltissime donne, sostenute da uomini illuminati, ma siamo ben lontani dal traguardo”, per Maria Monteleone, magistrata, “è stato fatto un percorso importante, ma non siamo giunti a risultati soddisfacenti, sebbene sia cresciuta l’attenzione per la vittima del reato che oggi ha un ruolo, ed è presente, prevedendo forme di tutela come l’arresto differito o il braccialetto elettronico”. Ma non bastano le riforme a costo zero, a “invarianza finanziaria; servono risorse e persone”.
Soprattutto, resta fondamentale denunciare: “Le donne devono denunciare la situazione di violenza e trovare il coraggio di chiedere aiuto. Dallo studio di 200 processi è emerso che l’85% delle donne uccise non aveva mai presentato denunce e il 69% non aveva mai parlato neppure con un familiare, un amico, un vicino… e questi 200 femminicidi hanno lasciato 169 bambini orfani“. Occorre inoltre scrivere un “nuovo spirito di solidarietà”, quello che la magistrata definisce “Sorellanza“, una nuova visione del mondo a partire dallo sguardo delle donne “per l’avanzamento di tutti, con l’aiuto di tanti uomini”.