L’introduzione di dazi da parte degli Stati Uniti sta intensificando una crisi già esistente nel settore automotive italiano, con ripercussioni significative sull’export, sul fatturato e, soprattutto, sull’occupazione. Secondo Unimpresa, i produttori di auto italiani si troveranno a fronteggiare un calo del fatturato compreso tra i 61 e i 200 milioni di euro a causa del crollo delle esportazioni verso gli Usa. Questa contrazione, unita a margini già ridotti e a una flessione delle vendite stimata tra il 15 e il 20%, mette a rischio oltre 15 mila posti di lavoro nel Paese.
Anche la componentistica soffre
L’impatto dei dazi non si limita ai soli produttori di autovetture. Aziende di componentistica di primo piano come Marelli e Bosch Italia potrebbero subire perdite comprese tra i 100 e i 225 milioni di euro. Tuttavia, il colpo più duro potrebbe essere inferto ai subfornitori, un comparto che genera un fatturato di circa 25 miliardi di euro. Per queste realtà, fortemente dipendenti dall’export, si prevede una contrazione tra gli 1,2 e i 2,5 miliardi di euro. Questa elevata dipendenza dalle dinamiche del mercato estero rende i subfornitori particolarmente vulnerabili alle politiche commerciali protezionistiche come i dazi imposti da Trump.
Anche se alcuni specialisti del settore automotive, come Brembo, attivi nel motorsport e nell’aftermarket, potrebbero riuscire a contenere le perdite tra i 25 e i 70 milioni di euro, le conseguenze sul fronte occupazionale rimangono preoccupanti. Si stima una riduzione tra i 9.700 e i 15.500 posti di lavoro nelle piccole e medie imprese e negli impianti legati all’export dell’industria automobilistica italiana. Questa perdita di posti di lavoro avrà una concentrazione significativa in Piemonte e Lombardia, dove è storicamente forte la presenza di aziende del settore delle quattro e due ruote. Anche grandi Gruppi come Stellantis potrebbero essere costretti a ridurre il personale nelle fabbriche di Melfi e Pomigliano, con stime che parlano di una perdita tra le mille e le duemila unità, mentre sistemisti e modulisti potrebbero subire tra i 1.500 e i 3 mila esuberi.
Problemi anche fuori dall’Italia
Il contraccolpo dei dazi non riguarda solamente l’Italia. Il colosso automobilistico britannico, Jaguar Land Rover, ha annunciato l’intenzione di sospendere per l’intero mese di aprile le esportazioni delle sue auto verso gli Stati Uniti, a partire da lunedì 7, in seguito all’entrata in vigore dei celebri dazi del 25%. Nonostante ciò, l’azienda ha ribadito che gli Stati Uniti rimangono un “mercato importante per i marchi di lusso di Jaguar Land Rover“, rappresentando circa un quarto delle sue vendite annuali, stimate intorno ai 400.000 veicoli. Gli analisti prevedono che anche altre Case automobilistiche britanniche potrebbero adottare strategie simili per far fronte all’incremento dei costi dovuto ai dazi.
L’aumento dei prezzi provocato dai dazi si aggiunge a una situazione già complessa per il settore auto, che deve confrontarsi con un calo della domanda e con la necessità di riorganizzare le proprie attività in vista della transizione verso i veicoli completamente elettrici. Nel caso specifico di Jaguar Land Rover, la forte dipendenza dal mercato statunitense la rende particolarmente vulnerabile all’impatto dei dazi. L’azienda stima che le auto già spedite negli Stati Uniti, e quindi esenti dai dazi, dovrebbero essere sufficienti a coprire le vendite per circa due mesi. Jaguar Land Rover, con i suoi 38.000 dipendenti nel Regno Unito, rappresenta un importante polo occupazionale in un settore che conta circa 200.000 lavoratori a livello nazionale.