• 26 Ottobre 2024 11:19

Corriere NET

Succede nel Mondo, accade qui!

Dazi, Trump è convinto di vincere la guerra. Ma il prezzo lo stanno pagando gli americani poveri

Ott 5, 2019

“Le guerre commerciali sono facili da vincere” ha sentenziato Donald Trump in una frase che finirà, probabilmente, nei libri di storia. Ma chi è quello che la vince facile? Da mesi, ormai, dal Fmi all’Ocse alla Bce, tutti gli organismi internazionali segnalano con allarme che le guerre commerciali stanno severamente erodendo la crescita economica mondiale, con danni per tutti. Ma, a due anni dall’inizio del braccio di ferro con Pechino e alla vigilia della raffica di sanzioni che, il 18 ottobre, colpirà l’Europa per l’affare Airbus, è possibile cominciare a capire cosa succede dentro i contendenti. In particolare, dentro gli Stati Uniti, il paese che Trump ha già definito sicuro vincitore del più grande esperimento protezionistico americano, dall’introduzione delle tariffe Smoot-Hawley negli anni ’30 (quella finì malissimo, aggravando, per giudizio pressoché unanime, la Grande Depressione).

A settembre, secondo i dati appena usciti, l’economia americana ha creato 135 mila nuovi posti di lavoro. Ma finora, in media, nel 2019, l’aumento mensile era stato di 161 mila nuovi posti. Se si guarda solo al settore privato, l’aumento è stato di 114 mila, contro i 130 mila attesi. Il dato di un solo mese non può fare testo, ma rafforza l’impressione diffusa che l’economia americana stia vistosamente rallentando, a partire dal settore manifatturiero, quello che più direttamente si confronta con la Cina. Dietro, secondo il giudizio dei più, ci sono la confusione e l’incertezza create dalla battaglia delle tariffe. Ma, ora che la gragnuola dei dazi sta per moltiplicarsi, con la nuova raffica, questa volta – dal pecorino al Bordeaux – contro l’Europa, che vanno ad aggiungersi al progressivo inasprimento di quelli già in vigore contro la Cina, qual è l’effetto specifico delle tariffe doganali?

Sul piano degli scambi commerciali, vera ossessione di Trump, i dazi si sono rivelati un flop. A primavera (prima dunque che entrassero in vigore le ultime raffiche di tariffe) il deficit americano nei confronti dell’industria manifatturiera cinese (telefonini, bambole, lavatrici, auto ecc.) aveva raggiunto il massimo storico. Ma la coda più velenosa riguarda – come spesso accade – la bolletta dei dazi: chi paga concretamente, dollaro su dollaro, l’importo delle tariffe imposte alla dogana da Trump? Risposta: non i cinesi. Il presidente ha sempre sostenuto che sono quelli che esportano in America – oggi i cinesi, domani gli europei – a sopportare il costo dei dazi. Ma dati ed analisi dicono il contrario. Gli unici americani che guadagnano davvero dai dazi sono i concorrenti nazionali delle industrie cinesi, che spesso adeguano i loro prezzi a quello dei beni importati, anche se loro non pagano dazio, intascando gli extraprofitti. Ma le tariffe le pagano gli importatori e se decidono di non tagliare i loro, di profitti, i consumatori su cui scaricano l’extracosto.

E’ il risultato a cui giungono i ricercatori del Fondo monetario internazionale, dopo aver esaminato i dati delle dogane. Le merci cinesi arrivano nei porti ai prezzi di sempre, senza nessuno sconto. Sono gli importatori – ed, eventualmente, i consumatori – ad assorbire il maggior costo delle tariffe. Lo diceva già uno studio della Federal Reserve di New York a primavera: le tariffe in vigore a maggio, prima della nuova raffica estiva, costano ai consumatori americani circa 5 miliardi di dollari al mese. Con i dazi, insomma, l’America di Trump tassa se stessa. Come mai, però, questi rincari non si vedono nell’inflazione? Non è vero, si vedono. La banca d’investimenti Goldman Sachs ha calcolato che i beni delle categorie sottoposte a tariffa nel 2018 sono rincarati, in effetti, del 4 per cento, mentre il resto solo dello 0,8. E il conto lo pagano i meno ricchi. Per una famiglia americana con un reddito intorno ai 40 mila dollari l’anno, già i dazi varati da Trump prima di questa estate costavano 400 dollari l’anno. Per una famiglia che guadagna quattro volte di più, 160 mila dollari, i dazi pesavano per mille dollari, solo due volte e mezzo di più.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. Guarda la Policy

The cookie settings on this website are set to "allow cookies" to give you the best browsing experience possible. If you continue to use this website without changing your cookie settings or you click "Accept" below then you are consenting to this.

Close