Dopo settimane di alta tensione tra Europa e Cina, i dazi sulle auto elettriche importate dal gigante asiatico trovano la conferma definitiva. Se da un lato c’è stato un parziale passo indietro rispetto alle proposte iniziali, dall’altro i Costruttori della Repubblica Popolare non possono sorridere. BYD, una delle realtà più fiorenti del Paese, ha di cui sorridere nel complesso, poiché si vedrà imporre un dazio del 17,4%, contro il 38% paventato in precedenza. Geely (importatrice pure della Volvo EX30 e delle nuove Smart #1 e #3) pagherà il 19,9%, mentre il gruppo Saic resta il più penalizzato, anche se con un lieve “sconto”, dal 38,1 al 37,6%.
Due pesi e due misure
Per i Costruttori che hanno accettato di collaborare all’indagine UE sui sussidi di Pechino alle vetture a batteria, i dazi si attesteranno al 20,8%. Invece, le società rimaste ferme sui propri passi, contrarie a partecipare, corrisponderanno il 37,6%. Due pesi e due misure diversi, supportate da argomentazioni logiche, ma comunque in grado di provocare incertezza e penalizzare certi attori in particolare.
La campagna avviata dalla Commissione Europea lo scorso anno perseguiva l’obiettivo di scongiurare distorsioni del mercato, messo a dura prova. Ai microfoni la presidente Ursula von der Leyen aveva chiarito le ragioni del provvedimento, sancendo un precedente storico. Non appena l’organo comunitario ha comunicato la decisione i portavoce del Dragone hanno espresso tutta la loro frustrazione. Sentitisi defraudati, hanno imputato all’UE di attuare del protezionismo, al contrario dei principi costitutivi. Dalla parte del Governo hanno scelto di schierarsi sia la Germania sia Stellantis.
Anziché ricorrere a uno strumento obsoleto quali i dazi, secondo i difensori sarebbe stato opportuno focalizzarsi sulle rispettive produzioni. Dei veicoli competitivi avrebbero permesso di contrastare la ventilata invasione estera, tuttora acvvertito. A onor del vero, però, le dichiarazioni rilasciate da VW e dal gruppo italo-franco-americano celano un interesse personale. Infatti, la potenza di Wolfsburg, così come altre società tedesche (a loro volta, guarda caso, dello stesso avviso), intrattiene dei fitti rapporti con Pechino. In modalità analoghe, Stellantis ha definito un’intesa insieme a Leapmotor, di cui ne ha acquisito quote azionarie, oltre a creare la join venture Leapmotor International.
Il possibile impatto
L’impatto dei dazi sui prezzi finali delle auto elettriche cinesi va messo in preventivo. Benché sia troppo presto per avere delle stime ufficiali, gli analisti ipotizzano un incremento del 10% rispetto al prezzo di listino. Un duro colpo anche nella prospettiva dei consumatori europei, costretti ad avere meno opzioni e costi superiori, già superiori in confronto alle loro controparti termiche e ibride.
Inoltre, il futuro delle full electric cinesi nel Vecchio Continente appare incerto. L’aumento delle spese di importazione rischia, infatti, di tarpare le ali alle proposte in circolazione. La matassa è ingarbugliata e difficile da dipanare, ma il pronunciamento sembra rendere felice il nostro esecutivo. In molteplici occasioni, Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha manifestato preoccupazione all’idea di uno sbarco in massa delle Case lungo la nostra penisola. Reggerne il confronto dal punto di vista delle spese ha, del resto, tutta l’aria di un’impresa. O, forse, sarebbe più appropriato dire “aveva”.