• 10 Febbraio 2025 16:38

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Dazi cinesi, scatta l’ora X. È l’inizio della guerra commerciale globale?

Feb 10, 2025

AGI – Conto alla rovescia per l’introduzione dei dazi cinesi, che rischia di far scoppiare una vera e propria guerra commerciale a livello globale. L’ora ‘X’, salvo clamorosi colpi di scena dell’ultimo secondo, è per il 10 febbraio, giorno in cui, come annunciato dal presidente Usa Donald Trump, scatterà l’aumento del 10% delle tariffe sulle merci cinesi.

L’ultima puntata della guerra dei dazi riaccende lo scontro tra due titani del commercio mondiale, Stati Uniti e Cina, le due maggiori economie del mondo. L’interscambio tra i due Paesi è vasto e secondo alcuni dati, nel 2024 è ammontato a più di 530 miliardi di dollari. Nello stesso periodo, le vendite di beni cinesi negli Stati Uniti hanno superato i 400 miliardi di dollari, secondi solo al Messico.

Nel dettaglio, stando ai dati ufficiali del Bureau of Economic Analysis americano, solo nel 2022 l’interscambio di beni aveva raggiunto i 690,6 miliardi di dollari. Il record precedente si era toccato nel 2018, per 659 miliardi. In particolare, gli Stati Uniti acquistano dalla Cina più prodotti di consumo (giocattoli e vestiti per esempio) e secondo il Peterson Institute of International Economics (PIIE), il gigante asiatico rappresenta il fornitore dominante di beni che vanno dall’elettronica e dai macchinari elettrici al tessile e all’abbigliamento.

Dagli Usa, la Cina importa anche beni alimentari statunitensi (come ad esempio la soia). Certo che, osservano gli analisti, i prodotti di consumo cinesi restano competitivi sul mercato statunitense nonostante le sanzioni varate dall’amministrazione dell’ex presidente Donald Trump, rimaste perlopiù in vigore dopo l’insediamento alla Casa Bianca del presidente Joe Biden. Ma il vasto sostegno statale della Cina alle sue industrie ha scatenato nel tempo accuse di dumping e comunque Pechino rimane fortemente dipendente dalle sue esportazioni.

Non è la prima volta che Washington e il gigante asiatico vanno allo scontro: anche durante il suo primo mandato, Trump impose tariffe significative su centinaia di miliardi di dollari di merci cinesi. E la Cina rispose a sua volta con tariffe di ritorsione sui prodotti statunitensi. Gli Usa richiedevano un maggiore accesso ai mercati cinesi, un’ampia riforma delle condizioni commerciali che favoriscono pesantemente le imprese cinesi e un allentamento del pesante controllo statale da parte di Pechino.

Dopo lunghi e difficili negoziati, le due parti concordarono quella che è stata definita la “fase uno” dell’accordo commerciale, una tregua nella guerra commerciale durata quasi due anni: Pechino accetto’ di importare merci statunitensi per un valore di 200 miliardi di dollari, tra cui 32 miliardi di dollari in prodotti agricoli e frutti di mare. Ma secondo gli analisti, di fronte alla pandemia, non rispetto’ tali impegni.

Quando arrivò alla Casa Bianca, Joe Biden non annullò gli aumenti imposti dal tycoon, ma adottò un approccio più mirato: ad esempio incrementò i suoi sforzi per limitare le esportazioni di chip all’avanguardia in Cina per evitare che le tecnologie sensibili statunitensi vengano utilizzate nell’arsenale militare di Pechino.

La sua amministrazione ha anche usato i dazi per colpire quella che ha definito la “sovraccapacità industriale” della Cina, temendo che le sovvenzioni industriali del Paese per l’energia verde, le automobili e le batterie potessero inondare i mercati globali di prodotti a basso costo. Proprio lo scorso maggio l’allora presidente democratico ordinò dazi su importazioni dalla Cina per un valore di 18 miliardi di dollari, accusando Pechino di “imbrogliare” anziché competere. Le tariffe sui veicoli elettrici quadruplicarono al 100%, mentre quelle sui semiconduttori passarono dal 25 al 50%. Poi col ritorno di Trump nello Studio Ovale, è scattata la nuova offensiva e la cronaca è di questi giorni.

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