Mancano sessanta chilometri, l’ultima Speciale che descrive un anello che si apre e si chiude attorno al bivacco di Rio Cuarto. Una bella idea, la prima volta che la Dakar lascia intendere di voler parlare con il pubblico che ne acclama i Campioni, che suggella il patto tra lo Sport e il grande evento in una disciplina che, generalmente, può attingere solo dal passato. Poi la passerella finale torna nello schema del delirio di asfalto e trasferimenti che questa Dakar ha somministrato ai suoi adepti. Ci piacerebbe sapere se Christo sarebbe in grado di confezionare una passerella in una ciclabile inscatolata tra due città distanti oltre seicento chilometri, altrimenti l’artista è uno solo. In ogni caso è la più lunga installazione di un’opera d’arte dell’irragionevolezza che la Dakar così confezionata ha tentato di dipingere e di spacciare per arte. Smettete, per piacere, di pensare al meteo, alle alluvioni, agli imprevisti e ai cataclismi, smettete soprattutto di scimmiottare i francesi del “Cest le Dakar!” Altri tempi.