• 13 Gennaio 2025 21:19

Corriere NET

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Dalle violenze e le botte del padre al titolo mondiale. La storia di Volodar Murzin

Gen 13, 2025

AGI – Non passa giorno in cui il gioco degli scacchi venga usato come metafora per raccontare episodi di guerra, di violenza, di scontro o di ‘stallo’. Spesso vengono citate, a riguardo, le frasi di grandi scacchisti, come Kasparov e Fischer, le cui parole vengono traslate per raccontare due parti in conflitto, due schieramenti, due visioni del mondo. Così, quando all’interno di questo mondo sconosciuto ai più emergono storie di reale violenza, accadute ‘fuori da quel campo di battaglia’ chiamato scacchiera, tutto sembra ancora più pesante, più gravoso, più malinconico. Ci sono scacchisti e scacchiste in fuga dai loro Paesi perché in rotta con regimi dittatoriali o perché teatro di guerre insensate, scacchisti e scacchiste che devono rinunciare a bandiere e inni nazionali per colpa delle folli ambizioni altrui. E poi ci sono storie come quella di Volodar Murzin. Storie di fughe e di paure, di allontanamenti e difficoltà causate da un inferno che si è scatenato unicamente dentro le loro mura domestiche.

 

Murzin è un giovanissimo scacchista russo, 18 anni, divenuto a sorpresa, alla vigilia di Capodanno, il nuovo campione del mondo Rapid, ovvero a tempo ridotto, in questo caso 15 minuti più 10 secondi di incremento dopo ogni mossa effettuata. Il nome di Murzin è emerso dalle retrovie mentre a New York, sede di gioco dell’evento, tutte le attenzioni erano rivolte a Magnus Carlsen, il grande favorito della vigilia, nonché campione uscente, il cui ritiro volontario, a causa del ‘jeansgate’, aveva destato scalpore e sollevato un inutile polverone di chiacchiericcio. Murzin ha sfruttato l’occasione imponendosi sugli altri favoriti della vigilia e giocando un torneo perfetto. Partito 59esimo, ha scalato la classifica rimanendo imbattuto in tutti e 13 i turni previsti, 7 vittorie e 6 patte, superando nomi altisonanti come quelli di Caruana, Bortnyk, Nakamura, Duda e Praggnananadhaa.

 

 

Ma chi è Volodar Murzin?

Biondo, occhi azzurri, sguardo sempre concentrato sulla scacchiera. Qualche mezzo sorriso e poche parole. Viso da bambino, certo, ma con quella espressione profonda di chi è dovuto crescere e maturare rapidamente. Murzin si è raccontato al sito sportivo russo Championat raccontando le violenze subite dal padre, anche per via degli scacchi, la fuga con la madre e le sorelle, la necessità di vincere i premi in denaro per uscire dalla povertà e la rinascita con i primi tornei vinti e l’arrivo degli sponsor. Una storia da film. Una storia che poteva avere un altro, e molto più terribile, finale se solo le tessere del puzzle non si fossero incastrate così perfettamente.

 

 

Murzin, pur giocando senza rappresentare il suo Paese natale, vive ancora oggi in Russia. È nato a Nizhny Tagil, città industriale che si è sviluppata tra la metà del 1700 e il 1900 intorno alle fabbriche che lavoravano i metalli e minerali della regione, sotto la protezione dei monti Urali, lontanissima dall’Europa. Qua si producevano anche i famosi carri armati di foggia sovietica, i T-90, mentre oggi è soprattutto un importante sede di lavorazioni siderurgiche e ferroviarie. Murzin è rimasto lì fino all’età di 11 anni quando la madre, Ekaterina, ha preso lui e le quattro sorelle, Agata, Adelina, Ruzanna e Rimma, e le ha portate via da un padre violento e pericoloso. Oggi vivono tutti a Khimki, sobborgo di Mosca, a chilometri e chilometri di distanza da quel passato burrascoso. 

Un padre violento, un futuro a rischio 

“Il rapporto con mio padre? Non ricordo se sia mai stato normale”, ha spiegato Murzin al giornalista di Championat. “In ogni caso, ha cominciato a picchiarmi costantemente da quando avevo compiuto 7 anni. E usava una pala per colpire mia sorella maggiore quando lei e un’altra mia sorella andavano a trovarlo. All’epoca lei aveva solo 14 anni. Ha minacciato mia madre, ricoprendola di insulti. Per lui, a casa, la violenza fisica era un’azione che rientrava nell’ordine delle cose”. Una situazione che in poco tempo si è fatta ingestibile. Prima il divorzio, poi la fuga. “Quando si è presentata l’opportunità di scappare, lo abbiamo fatto. All’epoca avevo 11 anni e non molto tempo prima avevo vinto il Campionato Europeo di categoria”. Grazie alle sue capacità, Murzin si guadagna un’offerta per frequentare il ‘Chess Club di Sergei Nesterov’ che riuniva i più promettenti giocatori di scacchi. “Appena ricevuta un’offerta siamo scappati da Nizhny Tagil, trasferendoci a Khimki, in un appartamento di servizio, all’inizio vuoto, dove viviamo ancora”.

 

Il padre, però, non scompare così presto dalla sua vita. Volodar è forte ma è ancora minorenne. E per andare all’estero ha bisogno dell’assenso dei genitori e che suo padre gli nega. “Ha esercitato il divieto quando avevo 14 anni. È accaduto quando avevo praticamente ottenuto l’ultima norma (ultima condizione necessaria, ndr) per diventare Grande Maestro. Avevo solo bisogno di partecipare a un torneo ma non potevo farlo. Per un anno e mezzo abbiamo cercato di revocare questo divieto. Fino a quando il mio allenatore, Mikhail Kobalia, è andato a Tagil a parlargli. Grazie a Dio, ora che ho 18 anni, non può più fare nulla”. Il costo di questo rallentamento è presto quantificato dallo stesso Murzin: ”Quasi due anni, considerando il mio sviluppo scacchistico, sono stati semplicemente buttati via”.

 

Il suo primo maestro casalingo

A insegnargli gli scacchi è stato il nonno, anche se lo sguardo sui pezzi si era posato già prima. “A Nizhny Tagil volevo davvero andare al club degli scacchi ma non mi portavano. Forse perché ero troppo piccolo. Ho imparato a giocare a scacchi con mio nonno materno, il mio primo e bravissimo insegnante. È vero, ho fin da subito iniziato a batterlo. Andavo spesso a trovarlo per poter rimanere a dormire. Andava bene tutto purché non fosse casa mia. Mi hanno aiutato con tutto”. Murzin ha raccontato come fosse bravo anche a calcio e di come, alla fine, per poter davvero eccellere, abbia dovuto fare una scelta definitiva. “La mia materia preferita era educazione fisica, adoravo ogni tipo di sport”. 

Gli scacchi, delizia e tortura

Avere un figlio campione non è servito a nulla. Il padre di Murzin era contrario agli scacchi. “Diceva costantemente che gli scacchi sono il gioco del diavolo”, confessa nell’intervista. “Ma allo stesso tempo mi costringeva a giocare finché non perdevo le forze. Mi teneva sveglio a giocare fino alle quattro del mattino. Mi si chiudevano gli occhi, non riuscivo a pensare a niente, dovevo prepararmi per andare a scuola in tre ore, ma lui non mi lasciava andare. Gioca, gioca, gioca, ripeteva”. E nulla cambia nonostante il piccolo Volodar sia praticamente imbattibile. “Anche i miei successi non hanno avuto alcun effetto sulla situazione. Si è semplicemente comportato in modo del tutto inappropriato”. Murzin racconta poi le torture giornaliere a cui doveva sottostare, insieme alle sorelle. “Insisteva che ci lavassimo i capelli solo con uova crude. Prendeva un uovo e lo rompeva sulla mia testa o su quella delle mie sorelle. E se qualcuno osava obiettare o ribattere, la sua testa poteva essere sbattuta contro il muro”.

 

Violenze che oggi rappresentano il passato. “Assolutamente sì. Sono sicuro che è lo stesso per tutti noi. È difficile perdonare e dimenticare quello che è successo. Quando lui e mia madre divorziarono, lui pagava gli alimenti per noi cinque, 2.000 rubli al mese (poco meno di 20 euro, ndr). Così quando siamo fuggiti a Khimki, non avevamo nemmeno niente su cui dormire, dato che ci trasferimmo in un appartamento vuoto. Abbiamo comprato dei materassi ad aria per non dover dormire sul pavimento. Sono partito inizialmente con mia madre e mia sorella maggiore, perché eravamo quelli più tormentati, poi la mamma ha trasferito anche le altre sorelle. Ma all’inizio era molto difficile, a volte non c’era nulla da mangiare”.

Gli sponsor e New York 

Ad un certo punto, però, sono arrivati gli sponsor e, in particolare, T-Bank, un Istituto di credito russo. “Fu un semplice miracolo. Mia madre aveva contattato varie organizzazioni con la richiesta di aiuto per pianificare un viaggio e un torneo per un giovane giocatore di scacchi che aveva già ottenuto ottimi risultati. Forse una lettera è arrivata alla T-Bank. E la banca ha deciso che mi avrebbero sostenuto. È come se avessi avuto d’improvviso tra le mani il biglietto vincente della lotteria. Se non fosse per gli sponsor, sicuramente non sarei nel mondo degli scacchi”. Oggi, campione affermato, Murzin riceve proposte anche dagli Usa per andare a giocare dall’altra parte dell’oceano ma, fedele agli aiuti ricevuti, è rimasto sempre con gli sponsor che lo hanno aiutato a eccellere.

 

Il tutto nonostante la sua crescita non sia particolarmente legata alla federazione russa di scacchi: “Sono diventato Grande Maestro senza il loro supporto. La cosa più difficile è iniziare, arrivare a mostrare determinati risultati. Poi, quando sei affermato, tutto diventa molto più semplice. Quindi non mi aspettavo e non mi aspetto nulla dalla Federazione”. E poi è arrivato l’exploit di New York: “Ero molto nervoso durante tutto il torneo, ma soprattutto l’ultimo giorno. Ho capito che ‘eccola qui’, era arrivata un’occasione da non perdere. Volevo davvero diventare Campione del mondo”. Ispirato anche da Gukesh: “Senza dubbio. Ho pensato che se poteva farlo lui, allora potevo farlo anch’io. E ora ho intenzione di diventare un campione del mondo anche a tempo classico”.

 

 

 

Quest’anno, in Italia, avremo la possibilità e la fortuna di vedere Murzin all’opera. Il 18enne russo, infatti, ha accettato la proposta del circolo siciliano, Pedone Isolano, per far parte della squadra che parteciperà al Master, ovvero la ‘Serie A’ degli scacchi, il più importante torneo a squadre del nostro Paese. Il modo migliore per osservare un talento che, senza una serie di fortunati e rocamboleschi incastri del destino, abbiamo rischiato di perdere.

 

 

 

 

 

 

 

 

AGI – Non passa giorno in cui il gioco degli scacchi venga usato come metafora per raccontare episodi di guerra, di violenza, di scontro o di ‘stallo’. Spesso vengono citate, a riguardo, le frasi di grandi scacchisti, come Kasparov e Fischer, le cui parole vengono traslate per raccontare due parti in conflitto, due schieramenti, due visioni del mondo. Così, quando all’interno di questo mondo sconosciuto ai più emergono storie di reale violenza, accadute ‘fuori da quel campo di battaglia’ chiamato scacchiera, tutto sembra ancora più pesante, più gravoso, più malinconico. Ci sono scacchisti e scacchiste in fuga dai loro Paesi perché in rotta con regimi dittatoriali o perché teatro di guerre insensate, scacchisti e scacchiste che devono rinunciare a bandiere e inni nazionali per colpa delle folli ambizioni altrui. E poi ci sono storie come quella di Volodar Murzin. Storie di fughe e di paure, di allontanamenti e difficoltà causate da un inferno che si è scatenato unicamente dentro le loro mura domestiche.
 
Murzin è un giovanissimo scacchista russo, 18 anni, divenuto a sorpresa, alla vigilia di Capodanno, il nuovo campione del mondo Rapid, ovvero a tempo ridotto, in questo caso 15 minuti più 10 secondi di incremento dopo ogni mossa effettuata. Il nome di Murzin è emerso dalle retrovie mentre a New York, sede di gioco dell’evento, tutte le attenzioni erano rivolte a Magnus Carlsen, il grande favorito della vigilia, nonché campione uscente, il cui ritiro volontario, a causa del ‘jeansgate’, aveva destato scalpore e sollevato un inutile polverone di chiacchiericcio. Murzin ha sfruttato l’occasione imponendosi sugli altri favoriti della vigilia e giocando un torneo perfetto. Partito 59esimo, ha scalato la classifica rimanendo imbattuto in tutti e 13 i turni previsti, 7 vittorie e 6 patte, superando nomi altisonanti come quelli di Caruana, Bortnyk, Nakamura, Duda e Praggnananadhaa.
 

 
Ma chi è Volodar Murzin?
Biondo, occhi azzurri, sguardo sempre concentrato sulla scacchiera. Qualche mezzo sorriso e poche parole. Viso da bambino, certo, ma con quella espressione profonda di chi è dovuto crescere e maturare rapidamente. Murzin si è raccontato al sito sportivo russo Championat raccontando le violenze subite dal padre, anche per via degli scacchi, la fuga con la madre e le sorelle, la necessità di vincere i premi in denaro per uscire dalla povertà e la rinascita con i primi tornei vinti e l’arrivo degli sponsor. Una storia da film. Una storia che poteva avere un altro, e molto più terribile, finale se solo le tessere del puzzle non si fossero incastrate così perfettamente.
 

 
Murzin, pur giocando senza rappresentare il suo Paese natale, vive ancora oggi in Russia. È nato a Nizhny Tagil, città industriale che si è sviluppata tra la metà del 1700 e il 1900 intorno alle fabbriche che lavoravano i metalli e minerali della regione, sotto la protezione dei monti Urali, lontanissima dall’Europa. Qua si producevano anche i famosi carri armati di foggia sovietica, i T-90, mentre oggi è soprattutto un importante sede di lavorazioni siderurgiche e ferroviarie. Murzin è rimasto lì fino all’età di 11 anni quando la madre, Ekaterina, ha preso lui e le quattro sorelle, Agata, Adelina, Ruzanna e Rimma, e le ha portate via da un padre violento e pericoloso. Oggi vivono tutti a Khimki, sobborgo di Mosca, a chilometri e chilometri di distanza da quel passato burrascoso. 
Un padre violento, un futuro a rischio 
“Il rapporto con mio padre? Non ricordo se sia mai stato normale”, ha spiegato Murzin al giornalista di Championat. “In ogni caso, ha cominciato a picchiarmi costantemente da quando avevo compiuto 7 anni. E usava una pala per colpire mia sorella maggiore quando lei e un’altra mia sorella andavano a trovarlo. All’epoca lei aveva solo 14 anni. Ha minacciato mia madre, ricoprendola di insulti. Per lui, a casa, la violenza fisica era un’azione che rientrava nell’ordine delle cose”. Una situazione che in poco tempo si è fatta ingestibile. Prima il divorzio, poi la fuga. “Quando si è presentata l’opportunità di scappare, lo abbiamo fatto. All’epoca avevo 11 anni e non molto tempo prima avevo vinto il Campionato Europeo di categoria”. Grazie alle sue capacità, Murzin si guadagna un’offerta per frequentare il ‘Chess Club di Sergei Nesterov’ che riuniva i più promettenti giocatori di scacchi. “Appena ricevuta un’offerta siamo scappati da Nizhny Tagil, trasferendoci a Khimki, in un appartamento di servizio, all’inizio vuoto, dove viviamo ancora”.
 
Il padre, però, non scompare così presto dalla sua vita. Volodar è forte ma è ancora minorenne. E per andare all’estero ha bisogno dell’assenso dei genitori e che suo padre gli nega. “Ha esercitato il divieto quando avevo 14 anni. È accaduto quando avevo praticamente ottenuto l’ultima norma (ultima condizione necessaria, ndr) per diventare Grande Maestro. Avevo solo bisogno di partecipare a un torneo ma non potevo farlo. Per un anno e mezzo abbiamo cercato di revocare questo divieto. Fino a quando il mio allenatore, Mikhail Kobalia, è andato a Tagil a parlargli. Grazie a Dio, ora che ho 18 anni, non può più fare nulla”. Il costo di questo rallentamento è presto quantificato dallo stesso Murzin: ”Quasi due anni, considerando il mio sviluppo scacchistico, sono stati semplicemente buttati via”.
 
Il suo primo maestro casalingo
A insegnargli gli scacchi è stato il nonno, anche se lo sguardo sui pezzi si era posato già prima. “A Nizhny Tagil volevo davvero andare al club degli scacchi ma non mi portavano. Forse perché ero troppo piccolo. Ho imparato a giocare a scacchi con mio nonno materno, il mio primo e bravissimo insegnante. È vero, ho fin da subito iniziato a batterlo. Andavo spesso a trovarlo per poter rimanere a dormire. Andava bene tutto purché non fosse casa mia. Mi hanno aiutato con tutto”. Murzin ha raccontato come fosse bravo anche a calcio e di come, alla fine, per poter davvero eccellere, abbia dovuto fare una scelta definitiva. “La mia materia preferita era educazione fisica, adoravo ogni tipo di sport”. 
Gli scacchi, delizia e tortura
Avere un figlio campione non è servito a nulla. Il padre di Murzin era contrario agli scacchi. “Diceva costantemente che gli scacchi sono il gioco del diavolo”, confessa nell’intervista. “Ma allo stesso tempo mi costringeva a giocare finché non perdevo le forze. Mi teneva sveglio a giocare fino alle quattro del mattino. Mi si chiudevano gli occhi, non riuscivo a pensare a niente, dovevo prepararmi per andare a scuola in tre ore, ma lui non mi lasciava andare. Gioca, gioca, gioca, ripeteva”. E nulla cambia nonostante il piccolo Volodar sia praticamente imbattibile. “Anche i miei successi non hanno avuto alcun effetto sulla situazione. Si è semplicemente comportato in modo del tutto inappropriato”. Murzin racconta poi le torture giornaliere a cui doveva sottostare, insieme alle sorelle. “Insisteva che ci lavassimo i capelli solo con uova crude. Prendeva un uovo e lo rompeva sulla mia testa o su quella delle mie sorelle. E se qualcuno osava obiettare o ribattere, la sua testa poteva essere sbattuta contro il muro”.
 
Violenze che oggi rappresentano il passato. “Assolutamente sì. Sono sicuro che è lo stesso per tutti noi. È difficile perdonare e dimenticare quello che è successo. Quando lui e mia madre divorziarono, lui pagava gli alimenti per noi cinque, 2.000 rubli al mese (poco meno di 20 euro, ndr). Così quando siamo fuggiti a Khimki, non avevamo nemmeno niente su cui dormire, dato che ci trasferimmo in un appartamento vuoto. Abbiamo comprato dei materassi ad aria per non dover dormire sul pavimento. Sono partito inizialmente con mia madre e mia sorella maggiore, perché eravamo quelli più tormentati, poi la mamma ha trasferito anche le altre sorelle. Ma all’inizio era molto difficile, a volte non c’era nulla da mangiare”.
Gli sponsor e New York 
Ad un certo punto, però, sono arrivati gli sponsor e, in particolare, T-Bank, un Istituto di credito russo. “Fu un semplice miracolo. Mia madre aveva contattato varie organizzazioni con la richiesta di aiuto per pianificare un viaggio e un torneo per un giovane giocatore di scacchi che aveva già ottenuto ottimi risultati. Forse una lettera è arrivata alla T-Bank. E la banca ha deciso che mi avrebbero sostenuto. È come se avessi avuto d’improvviso tra le mani il biglietto vincente della lotteria. Se non fosse per gli sponsor, sicuramente non sarei nel mondo degli scacchi”. Oggi, campione affermato, Murzin riceve proposte anche dagli Usa per andare a giocare dall’altra parte dell’oceano ma, fedele agli aiuti ricevuti, è rimasto sempre con gli sponsor che lo hanno aiutato a eccellere.
 
Il tutto nonostante la sua crescita non sia particolarmente legata alla federazione russa di scacchi: “Sono diventato Grande Maestro senza il loro supporto. La cosa più difficile è iniziare, arrivare a mostrare determinati risultati. Poi, quando sei affermato, tutto diventa molto più semplice. Quindi non mi aspettavo e non mi aspetto nulla dalla Federazione”. E poi è arrivato l’exploit di New York: “Ero molto nervoso durante tutto il torneo, ma soprattutto l’ultimo giorno. Ho capito che ‘eccola qui’, era arrivata un’occasione da non perdere. Volevo davvero diventare Campione del mondo”. Ispirato anche da Gukesh: “Senza dubbio. Ho pensato che se poteva farlo lui, allora potevo farlo anch’io. E ora ho intenzione di diventare un campione del mondo anche a tempo classico”.
 

 
 
Quest’anno, in Italia, avremo la possibilità e la fortuna di vedere Murzin all’opera. Il 18enne russo, infatti, ha accettato la proposta del circolo siciliano, Pedone Isolano, per far parte della squadra che parteciperà al Master, ovvero la ‘Serie A’ degli scacchi, il più importante torneo a squadre del nostro Paese. Il modo migliore per osservare un talento che, senza una serie di fortunati e rocamboleschi incastri del destino, abbiamo rischiato di perdere.
 

 
 
 
 
 
 
 

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