ServizioServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùDirezione Investigativa antimafia
Nella relazione al Parlamento la fotografia del primo semestre 2019 scattata dalla DIA sulle infiltrazioni delle cosche e della criminalità organizzata nel mercato del gioco pubblico
di Marco Mobili
19 gennaio 2020
3′ di lettura
Scommesse sportive on line e match fixing. Passa anche dal mercato del gioco legale la lotta alle mafie. Secondo la relazione della Direzione investigativa antimafia sull’attività svolta nel primo semestre 2019 tra i maggiori indicatori di interesse per le investigazioni ci sono la gestione di siti di scommesse sportive on line e il fenomeno del match fixing. Le infiltrazioni mafiose, soprattutto di Cosa Nostra, sfruttano sempre più le tecnologie per oltrepassare i confini nazionali con il sistematico ricorso a piattaforme di gioco predisposte per frodi informatiche. Meccanismi che aprono a un’evasione fiscale anche di consistenti somme di denaro.
Il mercato parallelo del gioco illegale
Quello che emerge ormai chiaramente, secondo la Dia, è un sistema gestito dalle mafie in grado di creare «un circuito parallelo a quello legale, non tracciabile, del tutto clandestino rispetto al gioco autorizzato dallo Stato». La strada utilizzata passa per il principio sancito dalla Ue della «libertà di stabilimento». Più facile, così, per imprenditori locali o prestanomi costituire società di gaming e di betting in altri Paesi dell’Unione Europea. I vantaggi? La possibilità di operare in Italia al di fuori delle regole più «stringenti» della normativa italiana sia in materia fiscale sia in tema di antimafia. A sostegno dell’analisi della Direzione antimafia ci sono le indagini giudiziarie che nel 2019 hanno evidenziato, ad esempio, «un’anomala concentrazione di operatori del settore, nonché di server ed altre strutture operative nell’isola di Malta».
Dove gioca in Italia la mafia
Scommesse e slot garantiscono alle mafie guadagni rapidi ed elevati, che secondo la Dia anche superiori a quelli che Cosa nostra potrebbe ottenere con qualsiasi altra attività. Per questo il rischio di infiltrazioni mafiose non riguarda solo il gioco illecito e le scommesse clandestine, ma anche il mercato del gioco e delle scommesse legali. La penetrazione riguarda la gestione di slot machine, le scommesse sportive on line ed il fenomeno del match fixing. Ma ci sono anche l’apertura di sale gioco, agenzie e punti di raccolta scommesse. Almeno secondo quanto ha registrato la Dia nel 2019 in Sicilia. In Puglia, invece, le cosche presenti, continuano a dimostrare elevate competenze tecniche e capacità di interazione puntando forte sul riciclaggio nei settori del gioco d’azzardo e delle scommesse on line.
Nel Lazio emigrazione in provincia di Roma
Per la Regione Lazio, scrive la Dia, si registra invece un’emigrazione anomala verso la provincia di Roma, che «ha certamente lo scopo di riciclare e reimpiegare i proventi illeciti conseguiti nelle aree di provenienza e di avviare nuove attività criminose, principalmente legate al narcotraffico e proiettate anche verso il gioco d’azzardo». L’incremento dei sequestri di patrimoni illeciti, registrato negli ultimi anni sia sul piano penale che su quello di prevenzione, rappresenta un chiaro segnale di questo processo evolutivo, che coinvolge in primo luogo le cosche calabresi, capaci di insinuarsi nel tessuto economico della città. Le operazioni più recenti hanno confermato l’operatività nella Capitale di ‘ndranghetisti affiliati alle ‘ndrine originarie del reggino. In Piemonte le organizzazioni mafiose hanno manifestato, nel tempo, forti interessi per i settori più floridi del tessuto economico e finanziario dell’area, con la creazione di attività imprenditoriali nell’edilizia, affiancate anche alla gestione delle attività connesse al gioco ed alle scommesse.
Per approfondire:
● Mafia foggiana, il «sistema» di collusioni con l’impresa. Sequestri e confische per 234 milioni
● Mafie 4.0, l’aggressione al tessuto imprenditoriale. I clan di Foggia «emulano» la ‘ndrangheta