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Dalle basi militari alla Fondazione Veronesi: così l’Italia accoglie gli afghani arrivati da Kabul

Ago 20, 2021

Mentre continua incessante il lavoro di evacuazione e di tutela dei civili in Afghanistan, con l‘aeroporto di Kabul ancora circondato da chi cerca disperatamente una via di fuga dal nuovo regime talebano, sono già 465 gli afghani che hanno già raggiunto l’Italia nelle scorse ore e sono adesso in quarantena cautelativa per 10 giorni: sono interpreti, diplomatici, e familiari di quanti hanno collaborato a vario titolo alla missione in medio oriente.

Sono arrivati attraverso il ponte areo che collega Kabul agli aeroporti di Roma Fiumicino e Pratica di Mare e, dopo essere stati sottoposti a tampone e alle procedure previste dalla polizia di frontiera, sono stati distribuiti in varie regioni italiane, per lo più in strutture del ministero della Difesa, il cui gabinetto svolge un ruolo primario, in sinergia con la Farnesina, nella gestione delle operazioni in cui è coinvolta anche la Protezione civile. In particolare, 65 tra gli evacuati alloggeranno presso la base logistica di Roccaraso in provincia dell’Aquila in Abruzzo mentre altri 169 sono destinati alla Calabria, alla base di Camigliatello Silano, vicino Cosenza, distribuiti tra la strutture dell’esercito (121) e della Marina militare (48).

In campo in questa fase, a stretto contatto con le prefetture, ci sono anche soggetti della società civile come la Fondazione Veronesi a Milano, la quale ospiterà nelle sue strutture a Milano altri 34 tra gli evacuati dall’Afghanistan. Altri 7, attualmente all’aeroporto di Roma Fiumicino, sono stati autorizzati a passare il periodo di isolamento fiduciario ad Ascoli Piceno, nel loro luogo di residenza, mentre in 190 stanno terminando in questi minuti le operazioni di controllo della polizia, e saranno successivamente destinati ai Covid hotel o ad altre strutture in capo alla Difesa. Intanto, oggi due voli sono attesi da Kabul: il primo con a bordo 104 persone è in arrivo a Fiumicino, l’altro dovrebbe arrivare nel pomeriggio con altri 166 rifugiati.

 

Alla fine del periodo di quarantena, gli afghani in Italia, verranno inseriti all’interno dei percorsi di accoglienza, uno dei temi al centro della telefonata avvenuta ieri tra Luciana Lamorgese, titolare del dicastero degli Interni, e Lorenzo Guerini, ministro della Difesa per fare il punto della situazione. Al momento, riferiscono fonti ministeriali, sono circa 2000-2500 i nomi sulla lista della Farnesina che dovranno essere trasportati sul nostro territorio, un numero – spiegano – ancora incerto e destinato probabilmente a salire nei prossimi giorni.

E nel frattempo anche i prefetti sono stati già allertati per predisporre e individuare i luoghi più idonei alla fase post quarantena: si tratta in molti casi di nuclei familiari, portati in salvo insieme a diplomatici e collaboratori dell’esercito. Per loro bisognerà trovare soluzioni diverse da quelle dei centri di accoglienza ordinari.

Nei giorni scorsi, era stata l’Anci, attraverso il primo cittadino di Prato, Matteo Biffoni, delegato all’immigrazione, a comunicare la disponibilità dei sindaci ad accogliere i nuclei familiari in arrivo: “Come scritto al ministero dell’Interno, siamo pronti ad ampliare la rete Sai – Sistema di accoglienza e integrazione – già presente nei nostri territori per poter accogliere e inserire le famiglie che rientrano nel programma di protezione definito dal Governo del personale civile afghano collaboratore del contingente militare nazionale, la cosiddetta Operazione Aquila”. La stessa operazione attraverso cui, già a giugno, sono stati accolti in 228, considerati “collaborazionisti” dai Talebani, nella basi di Camigliatello Silano della Marina e di Roccaraso dell’Esercito. Le stesse chiamate oggi a un nuovo sforzo.

 

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