AGI – Il 12 novembre 2023 alle 13 e 30 Gino Ceccchettin si presenta dai carabinieri di Vigonovo, dove vive, per denunciare la scomparsa della figlia Giulia di 22 anni perché non è rincasata dopo essere uscita la sera prima con l’ex fidanzato Filippo Turetta. Il suo telefono è spento e viene subito escluso un allontanamento volontario perché di lì a pochi giorni ha in programma la discussione della sua tesi di laurea in ingegneria biomedica.
Il padre scrive nella denuncia che Davide ed Elena, fratello e sorella di Giulia, gli hanno riferito che la ragazza era andata al centro commerciale ‘Nave de Verò assieme a Turetta per comprare il vestito per il giorno che segnerà il coronamento dei suoi studi. I genitori del giovane riferiscono che il figlio gli aveva comunicato via whattsap che non sarebbe tornato a casa per cena.
Dalle indagini, si scoprirà che il giorno prima Giulia aveva proposto un incontro ma chiarendo a Filippo che lui non avrebbe dovuto tormentarla con le domande su Erik, un ragazzo di Reggio Emilia che aveva conosciuto alla scuola per diventare illustratrice.
Il ritrovamento. Sabato 18 novembre: il corpo di Giulia, straziato da 75 ferite provocate da un coltello, viene trovato alle 11 ee 30 del mattino dai cani di due volontari della Protezione Civile. Era nascosto da sacchi neri in un anfratto roccioso a Piancavallo, una frazione del Comune di Aviano, in provincia di Pordenone, lungo la strada turistica del Pian delle More. Accanto a lei c’è un libro per bambini che poi si saprà essere un regalo per Giulia da parte di Filippo, rifiutato dalla ragazza durante l’ultima lite.
L’arresto. Alle 22 e 36 dello stesso giorno la Grande Punto di Turetta, sul quale pende un mandato di arresto europeo, viene fermata da una pattuglia tedesca sull’autostrada A9 a Duerremberg, in direzione Monaco. L’auto è in sosta sulla corsia di emergenza. Filippo Turetta si avvicina ai poliziotti tedeschi alzando le mani e confessando di avere ucciso Giulia Cecchettin.
L’interrogatorio. Il primo dicembre, nel carcere di Montorio, a Verona, Turetta confessa l’omicidio al pm Andrea Petroni. “Abbiamo iniziato a discutere. Mi ha detto che ero troppo dipendente, troppo appiccicoso. Voleva andare avanti, si stava creando nuove relazioni, sentiva un altro ragazzo. Ho urlato che non era giusto, che avevo bisogno di lei, che mi sarei suicidato. E’ scesa dalla macchina urlandomi di lasciarla in pace. Pochi minuti dopo l’ho accoltellata. Mi ricordo che era rivolta all’insu’ verso di me. Si proteggeva con le braccia dove la stavo colpendo”.
Le fasi dell’aggressione. Dalla ricostruzione degli inquirenti, emerge che i due ragazzi hanno cenato nel centro commerciale e ci sono rimasti fino a poco prima delle 23. Poco dopo, nel parcheggio vicino all’asilo di Vigonovo, distante 150 metri dalla casa dei Cecchettin, c’è la prima aggressione. Giulia cerca di scappare uscendo dalla macchina, Filippo l’afferra e l’accoltella, poi la zittisce e immobilizza con un nastro adesivo. La seconda fase avviene nel tragitto in auto verso la zona industriale di Fossò, come documentato dalle telecamere di un’azienda. La vittima riesce a fuggire ma alle 23 e 40, dopo una breve corsa, viene raggiunta da Turetta che le si avventa addosso colpendola di nuovo. Dieci minuti dopo lui risale in auto col corpo della fidanzata e inizia la fuga di mille chilometri.
Il funerale. Il 5 dicembre diecimila persone salutano Giulia Cecchettin nella basilica di Santa Giustina a Padova. Sull’altare Gino chiama alle proprie responsabilità ogni pezzo della società, famiglia, scuola e politica, chiedendo agli uomini di diventare “agenti di cambiamento contro la violenza di genere”. Chi è rimasto fuori, sulla piazza, davanti al maxischermo fa “rumore” in memoria di Giulia, lo stesso che ha scosso altre piazze in altri luoghi del Paese.
Il processo. Lunedì 23 settembre inizia il processo davanti alla Corte d’Assise di Venezia. La difesa dell’imputato rinuncia a testimoni e consulenti, in sole 5 udienze si arriva all’epilogo. Tra molte indecisioni, Turetta ribadisce in aula di avere ucciso Giulia. Il pm Andrea Petroni chiede l’ergastolo, la difesa che non vengano riconosciute le aggravanti della premeditazione, della crudeltà e dello stalking.