sabato 24 settembre 2016 09:54
ROMA – Ve ne parliamo settimanalmente da quasi un anno. Da quando, a dicembre 2015, l’Italia ha saputo che ospiterà, al Marco Simone Golf & Country Club, l’edizione 2022 di un evento di portata mondiale. Si chiama Ryder Cup ed arriva subito dopo Olimpiadi e Mondiali di calcio per importanza e seguito mediatico su scala planetaria. In molte parti del mondo questo è un concetto banale e scontato ma non ancora qui in Italia. L’obiettivo è renderlo tale anche a casa nostra il prima possibile per arrivare pronti, tra sei anni, a goderci la Ryder Cup italiana. Ci vorrà tempo e non sarà facile ma non c’è modo migliore per riuscirci se non continuare a parlarvi della grandezza di questa manifestazione. È ovvio però che il nostro compito diventa più semplice nel momento in cui, da venerdì e per altre due volte (2018 e 2020) prima di quella data, si alzerà il sipario sui 24 campioni che si sfideranno sul green solo per l’orgoglio di rappresentare il proprio team. Non voglio usare queste pagine per fare promozione, è scritto chiaramente per quale azienda lavoro ma se potete, fidatevi, guardate la Ryder Cup in tv perché è uno spettacolo incredibile e si percepisce immediatamente quell’atmosfera magica che i grandi eventi sportivi sanno creare.
AMERICANI PER IL RISCATTO – Ma vediamo ora di concentrarci su questa edizione nello specifico. Si gioca sul percorso dell’Hazeltine Nazional GC, a Chaska in Minnesota. Un campo splendido, disegnato da uno degli architetti più importanti nella storia del golf, Robert Trent Jones e già sede di un major, il PGA Championship del 2009. Gli americani ci arrivano dopo un digiuno lungo otto anni, hanno perso le ultime tre edizioni, di cui una in casa. Hanno però una squadra fortissima, un mix perfetto tra giovani emergenti ma già nel pieno della carriera e “vecchietti” terribili che potrebbero dare quel qualcosa in più dal punto di vista del carisma e dell’esperienza. Al momento si conoscono 11 giocatori su 12, l’ultimo uomo verrà svelato lunedì, all’indomani del Tour Championship, ultima tappa della FedEx Cup.
GLI EUROPEI – Dall’altro lato, il team europeo schiera 6 esordienti su 12, anche se alcuni di questi sono giocatori con oltre 10 anni di carriera sull’European Tour, come Rafa Cabrera Bello, o hanno vinto un Masters pochi mesi fa, come Danny Willett. A balzare agli occhi, nel team guidato da Darren Clarke, è la componente inglese, che fornisce la metà dei giocatori, segno di un momento a dir poco florido per il movimento d’Oltremanica.
IL PRONOSTICO – In molti credono che i ragazzi statunitensi, capitanati da Davis Love III, uno che da giocatore ha giocato 6 Ryder Cup e ha già fatto il capitano nel 2010, siano favoriti. Probabilmente non sbagliando, se si guarda il ranking mondiale. Ci sono 5 tra i primi 10 giocatori del mondo rispetto ai 3 del team europeo. Soprattutto, dopo l’incredibile rimonta subita nel 2012 e la batosta del 2014, si dice che la preparazione per questa edizione sia stata quasi maniacale sotto ogni punto di vista. Pensare che gli americani possano subire 4 sconfitte consecutive è dura, ma si sa, nello sport, i record possono essere molto sorprendenti e, se di scarto si può parlare, tra i due team ce n’è poco.