Buenos Aires, Argentina, 14 gennaio 2017. Certe scommesse si fanno anche sapendo che si possono perdere. C’è il gusto della sfida impossibile e, soprattutto, della perseveranza, quasi fine a se stessa. Il Team Orobica Raid si presenta alla Dakar 2017 Paraguay-Bolivia-Argentina con la PanDakar. È la quarta volta. La Macchinetta aveva già fato le sue prime apparizioni strombazzata dalla sfida di Miki Biasion, ma non era mai riuscita ad andare lontano. E nemmeno molto vicino, per intenderci. Dopo i primi tentativi del Team bergamasco, infine, sembrava che Panda e Dakar non potessero riunirsi nella sigla di un successo.
Giulio Verzeletti lo conosciamo da… sempre. Quando si presentò alla sua prima Dakar, in Moto, pareva, ci scuserà, già di per sé una sfida. Non un marcantonio, per intenderci, ma un sorriso e una filosofia di vita basata sullo stupire. Perché? Perché in ogni condizione, la sfida è qualcosa che deve generare una forza dentro, un approccio che ingigantisca i suoi protagonisti, che li porti sul da cui è possibile combattere ad armi pari. Da lì in poi ce la si può giocare. Funziona così.
La prima Dakar in Moto del Gigante di Telgate non era stata un successo? Bene, Giulio si presentò l’anno successivo, resettato per il livello della nuova sfida. Il successo! Ma sin dall’inizio il contatore aveva girato sempre forte. 15 Dakar, con questa fanno 16, sette in Moto, le altre in Camion o seduto nell’abitacolo della piccola Panda, la PanDakar della sfida enorme. Quando la Famiglia Verzeletti, Giulio e il figlio Giacomo, rilevarono il Progetto PanDakar, quello che aveva fallito niente meno che con personaggi e icone del calibro di Miki Biasion, un amico carissimo e comune, a cui piace scherzare, non gliela mandò a dire: “Giulio hai fatto bene, alla Fiat è mancato il coraggio o il tempo. Ma tu questa Macchina puoi andare a pressarla. Mi raccomando, fallo prima che puoi!”
Giulio, in questi casi, sorride sempre e ti guarda di traverso, per non risponderti a tono e dirti come la pensa. Preferisce, tuttavia, lasciar parlare i fatti. Ed eccoli qui i fatti. Insieme a Antonio Cabini, altre venti Dakar in Moto e in Camion, un mito della prima ora, quando era più leggenda e avventura che gara, un Team allestito per non far mancare niente alla piccola, e la forza generata dalla sfida in un tipetto che non sa perdere, neanche le piccole scommesse.
55esimi al traguardo di Buenos Aires. Ci sono addirittura altre Macchine dietro. Questo non era previsto, o preso in considerazione. Almeno un paio di occasioni cruciali nelle quali l’Avventura poteva chiudersi lì, il differenziale, la ruota, riproponendo il cinico finale della migliore edizione disputata dalla panda: 11 tappe ma non il traguardo d’arrivo. Ma no, a furia di lavorare sulla PanDakarIna, almeno la robustezza di tutte quelle piccole appendici e migliorie tecniche sviluppate dalla sapienza del Made In Bergamo, è diventata a prova di bomba. E un altro “segreto” è essere disposti ad usare la notte per procedere. Dormire? Va da sé che è n capitolo rimandato. È un segreto, ma ci vuole forza, una forza straordinaria, perché il sonno mina il morale prima ancora che il fisico, ed è spesso la sirena della resa. Non nel caso di Verzeletti & Co., naturalmente.
Complimenti Banda PanDakar!