L’ansia da prestazione è nulla in confronto all’ansia da attesa di partenza. Alla Dakar. Dopo mesi di preparazione, i giorni e giorni che non finiscono mai aspettando che la prima Moto scenda dal Podio, in questo caso quello inedito di Asuncion, possono trasformarsi in una trappola. C’è chi finisce per sbagliare strada e si perde per le vie del centro, rimbambito dall’atmosfera, chi si lancia giù dal podio e va direttamente in terra. Più generalmente, per tutti vale la regola dell’eccesso di adrenalina, che scatena i peggiori e incontrollabili istinti del “Dakariano”. Laddove è oltremodo opportuna una buona dose di calma, infatti, più spesso si scatena una reazione che porta a fondo scala il livello di rischio di un errore fatale. Non è una novità, ma un paradosso che nessuno si prende la briga di spiegare ai Concorrenti, da educare a contenere di fronte a questa “piaga”. “Fa parte del gioco”, si sente dire, come se fosse pienamente giustificato. Spiegato sì, perché è successo a tutti di perdere la pazienza nel momento liberatorio in cui questa non è più richiesta, ma giustificato no, perché è un rischio ben più grosso che, per esempio, sbagliare Moto o Auto. Ma la storia non cambia.
Se da una parte c’è grande sfoggio di maturità, dall’altra i numeri di uno show a tratti un po’ naif si sprecano. In mezzo c’è la sana convinzione che chi ben comincia è a metà dell’opera, e a un estremo opposto la certezza che si debba sempre e comunque vincere. Metti insieme 143 moto, 77 Auto, 37 Quad e 50 Camion, e la gamma delle possibilità è praticamente infinita.
Comunque è andata così. La prima Tappa della Dakar 2017 non è stata disegnata con i colpi di scena in mente. Quelli vengono da soli. È un anello non chiuso a Est di Asuncion, una speciale di dimostrazione al Paraguay di cosa si deve aspettare più avanti nella Storia. 39 chilometri appena, di piste “un po’ WRC”, come ha detto Marc Coma al Briefing inaugurale, in un letto di sassi smossi, il guado di un fiume, sempre importante in un Paese che deve molto alla pioggia, e qualche curva. Venticinque minuti “a palla”!
Joan Barreda, il Pilota catalano su cui Honda punta quasi tutto, è in “modalità” dimostrazione, e guadagna su tutti oltre due minuti. Quando ormai è una “certezza”, il catalano si tuffa nel guado di cui si diceva qui sopra, spegne la Moto e si mette ad armeggiare. Quando riparte un paio dei minuti del vantaggio acquisito è rimasta nel fiume, e la classifica non dice nulla, poiché il ritardo rispetto al vincitore è limitato a una trentina di secondi. Un nulla di fatto che poteva essere un tutto disfatto, e che si traduce in una lezione priva della sanzione, una specie di cartellino giallo. La gara della moto ritrova uno dei protagonisti della specialità, Joan Pedrero. Il vincitore del Sardegna Rally Race è il più veloce per buona parte della mattinata, e solo nel finale è superato dall’avversario che proprio in Sardegna gli aveva reso difficile la vita, Xavier de Soultrait. Il francese passa al comando, ma poi è beccato da un “autovelox” in trasferimento. Penalizzato e “declassato”, de Soultrait lascia salire Brabec e Gonçalves. Anche questa volta Pedrero ha vinto, e anche in questo caso con un maggiore autocontrollo rispetto all’Avversario. Sherco (a proposito, buon lavoro David “Team Manager” Casteu) ha fatto un ottimo affare arruolando il gigante ex portatore d’acqua di Marc Coma. Barreda, che è comunque un missile, salva la situazione rimanendo in scia, quinto a mezzo minuto, i Piloti KTM se la sono presa comoda evidentemente considerando che la gara partirà più avanti, Sunderland è quarto ma il Campione in Carica Toby Price addirittura 17°, ma c’è anche chi deve vedersela con lo spietato cinismo della Dakar. Il boliviano Martinez, che è uscito dalla speciale e si è fatto immobilizzare il polso destro infortunato, o il nostro Livio Metelli, preoccupato all’arrivo della Speciale per la fuoriuscita di un liquido denso e rosato, color gomma da masticare che, come ha pensato Metelli, faceva sembrare la sua KTM “posseduta” alla stregua della bambina de l’Esorcista.
La classifica della Gara delle Auto, chiusa dai nostri Marrini e Rossi che alla vigilia si sono proposti proprio questo, e cioè di arrivare a Buenos Aires con l’ultimo tempo, ma… arrivare, non risente dell’episodio che ha rischiato di trasformarsi nel più clamoroso dei colpi di scena. Questo perché l’episodio chiave è avvenuto fuori, pochi metri appena, dalla Prova Speciale. Fiato sospeso. Nasser Al Attiyah, che con il fido Mathieu Baumel corre la sua prima Dakar con la Toyota ora del Team Ufficiale Gazoo, è di quelli che preferisce eliminare ogni variante tattica, soprattutto all’inizio della Prova quando le carte che si posso mescolare sono molte e le combinazioni possibili troppe. Abile ed esperto su qualsiasi tipo di terreno, il “Principe del Qatar “preferisce “tenere aperto” e vedere quello che succede. Quest’anno, da quando è passato alla Toyota con Overdrive, il risultato è stato perfetto e ineccepibile, una vittoria a colpo fino a diventare Campione del Mondo Cross-Country Rally. Non va diversamente neanche a Nueva Colombia, il paesino che ospita il fine Speciale. Il “Principe” vince e stacca Xavier Pons e Joan “Nani” Roma, ma non appena la Toyota del Team Gazoo si ferma davanti al Controllo orario, da sotto il cofano escono fumo e fiamme. Al Attiyah si fa cupo, perde il sorriso ma non il sangue freddo. Estintore, estintore ancora, e ancora, e infine sfila la corda di traino e la stende in attesa del buon samaritano. Che è il compagno di Squadra Giniel De Villiers, che non si fa pregare, aggancia l’amico e riparte con il fardello di metà del potenziale Toyota alla Dakar attaccato alla coda dell’Hilux.
In una tappa decisamente poco congeniale alla configurazione delle Peugeot, nulla di fatto per le Macchine “detentrici”, sparse nella dozzina e con il solo Sainz in evidenza al quarto posto. Come nel caso della gara della Moto, l’aver previsto di affrontare la Speciale in condizioni di “rischio zero”, relega Stephane Peterhansel ben lontano, al dodicesimo posto, al punto che è proprio Monsieur Dakar a sollecitare una sveglia. Magari già dalla seconda Tappa, più di 800 chilometri alla volta di San Miguel de Tucuman, con una Speciale di 275 chilometri che gli esperti “giurano” ben “navigata”!