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Da Bologna parte la lotta delle donne: “Se la nostra vita non vale, l’8 marzo ci fermiamo”

Feb 8, 2017

BOLOGNA – Nel giorno della mimosa le donne si ribellano, meglio si fermano: “Se le nostre vite non valgono, allora ci fermiamo”, lo slogan dello sciopero globale lanciato in particolare dalle donne argentine di “Ni una menos” per l’8 marzo. E così sarà qui. La decisione è stata presa durante il summit delle donne riunite a Bologna lo scorso fine settimana: “8 punti per l’8 marzo”, ovvero una piattaforma per organizzare la mobilitazione nel giorno della Festa della donna, con cortei nelle piazze e la chiamata allo sciopero indetto per ora solo dai sindacati di base. Gli stessi punti del manifesto andranno a comporre un Piano nazionale femminista antiviolenza che sarà portato all’attenzione del governo.

I punti, spiega Paola Rudan, ricercatrice, voce di “Non una di meno”, “esprimono il rifiuto della violenza di genere in tutte le sue forme: oppressione, sfruttamento, sessismo, razzismo, omo e transfobia”. Tra questi, lo sciopero “contro la trasformazione dei centri antiviolenza in servizi assistenziali”; la richiesta della piena applicazione della Convenzione di Istanbul contro ogni forma di violenza maschile sulle donne, da quella economica alle molestie sessuali sui luoghi di lavoro a quella perpetrata sul web e sui social media; un reddito di autodeterminazione per resistere al ricatto della precarietà (“non accettiamo che ogni momento della nostra vita sia messo al lavoro”); per la libertà delle migranti; per l’aborto libero, sicuro e gratuito.

“L’8 marzo quindi incrociamo le braccia interrompendo ogni attività produttiva e riproduttiva, scioperiamo per affermare la nostra forza: non un’ora di meno”, spiega in una nota il movimendo delle donne chiedendo

“alle realtà confederali e in particolare alla Cgil di rispondere sulla convocazione dello sciopero generale”. Rispetto ai progetti di legge in discussione alla Camera, che prevedono l’ergastolo per i femminicidi, il movimento riunito a Bologna e sceso in piazza a Roma a novembre scorso è critico: “La violenza maschile contro le donne non si combatte con l’inasprimento delle pene, ma con una trasformazione radicale della società”.

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