AGI – Cucù al posto di Gesù. E scoppia la polemica per quanto accaduto in una scuola elementare del padovano, la De Amicis di Agna, dove per la recita di Natale è stata tolta dalle maestre la parola Gesù per venire incontro ai diversi orientamenti religiosi dei bambini.
Facile immaginare lo sconcerto dei genitori di religione cattolica, che non erano stati avvisati dal cambiamento del testo, così come inevitabile è stata l’indignazione del Presidente della regione Veneto, Luca Zaia per il quale “l’avvenuta modifica in maniera artificiosa di una canzone di Natale nel nome di una teorica voglia di inclusione e rispetto è un grave errore: pensare di favorire l’accoglienza cancellando i riferimenti alla nostra religione, alla nostra identità, alla cultura che da secoli e secoli caratterizza il Veneto è un gesto che non possiamo accettare”.
“Innanzitutto – sottolinea Zaia – ricordiamo che non stiamo parlando di una preghiera, ma di una canzone. L’imposizione di una preghiera a bambini di altra fede potrebbe certamente essere subita come una forzatura. Ma questo è un testo musicale, con un profilo identitario. Incomprensibile, siamo in un Paese dove si difende giustamente qualsiasi prodotto artistico e intellettuale anche nei suoi contenuti più forti, ma in questo caso si permette di intervenire su una canzone modificandola e stravolgendola così, nel nome del ‘politically correct’: un’intera comunità si interroga sul perchè di questa scelta. Ho l’impressione che si stia esagerando, e lo dice una persona che ha fatto della tolleranza una scelta di vita”.
“Ricordo anche che, ed è bene che sia studiato da molti teorici di un laicismo dogmatico, anche nell’Islam Gesù è riconosciuto come una delle figure cardine, uno dei profeti – conclude il Presidente del Veneto -. Il messaggio di pace del Natale non è certo una minaccia o un ostacolo all’incontro tra culture differenti. Così come non lo sono i simboli cristiani che riassumono l’identità della nostra gente e delle nostre comunità, un’identità che è il frutto della nostra storia e va oltre il puro aspetto religioso.
Se nascondiamo quelle che sono le nostre vere radici non facciamo un piacere a nessuno: né ai veneti da sempre né ai nuovi veneti. Farlo, infatti, significa rinunciare a presentarci per quelli che siamo, offrendo un’immagine della nostra società che non è quella reale, svuotando del loro senso profondo le nostre tradizioni e improvvisando una motivazione artificiale alla base delle festività che hanno da sempre cadenzato la nostra vita di comunità segnandone il cammino fino ad oggi. L’inclusione è, e deve essere, riconoscimento leale della reciproca cultura: su questo non sono disposto a scendere a compromessi”.