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Crollo Torre Piloti “Il manager della Messina è da condannare”

Ott 3, 2017

LA Società Messina e quindi l’imputato (Giampaolo Olmetti, comandante di Armamento)…” relativamente al crollo della Torre Piloti “…non hanno considerato la possibilità dell’errore umano…”, e sulla Jolly Nero “…non hanno adottato misure preventive in relazione alla maggior causa degli incidenti in mare…”. Per questi motivi “si chiede alla Corte di Appello di dichiarare la responsabilità dell’imputato” per i reati di omissione, omicidio colposo, crollo di costruzioni e attentato alla sicurezza dei trasporti.

Le pesanti considerazioni sono scritte nel ricorso presentato dalla Procura Generale della Repubblica contro la sentenza di primo grado, pronunciata il 17 maggio scorso dal Tribunale di Genova: con la quale il crollo e la morte di 9 persone il 7 maggio 2013 furono provocati esclusivamente dal comandante della nave e dall’equipaggio, tutti condannati. Nessuna responsabilità, in tema di normative sulla sicurezza, invece, nei confronti della compagnia di navigazione Ignazio Messina, che è stata assolta al pari del suo manager, appunto Olmetti, per il quale invece il pm Walter Cotugno aveva chiesto 17 anni. Tanto da far esplodere la rabbia dei parenti delle vittime, sconcertati anche dal dimezzamento delle pene inflitte dal giudice rispetto a quelle richieste dal pm.

Adesso, la Procura Generale, rivolta come un calzino la sentenza del giudice Silvia Carpanini, ritenendola scorretta, spingendosi a definirla “apodittica e contraddittoria…”. Un errore clamoroso dal punto vista giuridico. E riferendosi a Olmetti (imputato come manager della Compagnia Messina) il sostituto procuratore generale Enrico Zucca (ha scritto il ricorso) dice: “…Si tratta del soggetto che, al momento dell’incidente e già negli anni precedenti, rivestiva qualifiche e funzioni specifiche in materia di sicurezza in posizione di vertice rispetto al competente ufficio, con piena autonomia decisionale e di spesa (quale Designated Person Ahore, poi responsabile Ufficio Sms e dal 2009 responsabile generale dell’Armamento”. A lui competeva il rispetto delle norme internazionali sulla navigazione (Ism). Quella maledetta sera, un’ora prima dell’incidente, avrebbe ordinato che la nave comunque partisse, anche se con le avarie. E subito dopo l’urto mortale, secondo le indagini della Capitaneria di Porto, avrebbe chiamato la catena di comando del cargo, intimando di tacere. E però, per il giudice “il fatto non sussiste”.

Per la Procura Generale Olmetti è “il soggetto deputato a governare il rischio del prodursi di un certo evento dannoso, e colui il quale è tenuto a impedire la concretizzazione del rischio medesimo e il verificarsi dell’evento…”. E però “la società Messina ha quasi sempre ritenuto non necessario eseguire ulteriori approfondimenti tecnici, non ha mai valutato la pericolosità in sé della situazione di una nave resa difficilmente governabile dall’assenza del propulsore…”.

Il Tribunale, però, pur arrivando alle medesime considerazioni del pm e adesso della Procura Generale, le ritiene irrilevanti rispetto all’evento dannoso. Se Messina avesse riparati i motori e se Olmetti avesse dato delle prescrizioni, queste , non sarebbero state seguite a bordo. La strage non sarebbe stata evitata. Comunque. Per il giudice, il disastro è stato dovuto esclusivamente

alla negligenza della catena di comando, “…ritenendolo invece interamente addebitabile ai comportamenti degli altri imputati, cioè il comandante della nave e ad altro personale di bordo…”. Tutti condannati: dieci anni e 4 mesi di carcere per il comandante Roberto Paoloni; otto anni e 2 mesi per il primo ufficiale di bordo Lorenzo Repetto; sette anni per il direttore di macchina Franco Giammoro: quattro anni e 2 mesi di reclusione per il pilota del porto Antonio Anfossi.

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