“Non abbiamo paura delle elezioni. Anche perché tutti sanno che non ci saranno elezioni“. Matteo Renzi interviene di nuovo, nel pieno della crisi diplomatica all’interno della maggioranza, per scacciare l’ipotesi di un Paese al voto nel caso in cui Italia Viva decidesse di togliere l’appoggio all’esecutivo, con il quale si sta scontrando quotidianamente soprattutto sul piano di investimenti legato ai fondi del Recovery Fund, e Giuseppe Conte non trovasse numeri sufficienti per andare avanti al Senato.
Lo ha fatto in un’intervista al Corriere della Sera nella quale, a domanda specifica, ha risposto: “Io non ho paura di niente, meno che mai della democrazia. Quanto ai 18 senatori di Italia Viva, mi faccia dire che sono orgoglioso di loro. E che non hanno paura delle elezioni. Per due motivi. Uno, perché le elezioni non fanno paura a chi è abituato a misurarsi con il consenso. Il secondo motivo è ancora più chiaro, tutti sanno che non ci saranno elezioni. Dobbiamo aprire le scuole, non i seggi. Dobbiamo aumentare il numero dei vaccinati, non dei candidati. Dobbiamo scrivere il Recovery Plan, non i libri dei sogni elettorali. Le elezioni fanno paura a chi verrebbe politicamente decimato come i 300 parlamentari del Movimento 5 Stelle, non ai 18 senatori di Italia Viva”.
Parole, le sue, che da una parte confermano la tensione tra i renziani e la compagine governativa e, dall’altra, sembrano lasciare aperta la porta, in caso di crisi di governo, alle sole possibilità di un Conte ter, a questo punto senza Italia Viva, o di un rimpasto, smentito nei giorni scorsi dalla capogruppo di Iv alla Camera, Maria Elena Boschi.
Ed è poi tornato a ripetere che i membri renziani del governo sono pronti a fare un passo indietro: “Le ministre Bellanova e Bonetti e il sottosegretario Scalfarotto sono persone serie. Stanno al governo perché hanno delle idee, non per vanagloria. Se queste idee non piacciono, noi non siamo come gli altri, le poltrone le lasciamo. Oggi tocca al premier decidere se ciò che abbiamo detto su vaccini, Mes, cantieri da sbloccare, scuola e cultura è degno di nota oppure no. Lo aspettiamo al Senato, allora, che posso dire di più? Magari fosse un problema di ministeri. Ci dividono i contenuti e la politica, non i posti”.
Da parte dei renziani, nei giorni scorsi c’è stata la denuncia di un atteggiamento da dentro o fuori da parte del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nei loro confronti. Un comportamento, secondo il senatore di Rignano, che il premier ha tenuto facendo affidamento su un gruppo di ‘responsabili’, transfughi dall’opposizione: “Ci hanno provato e la risposta molto secca dei gruppi che fanno riferimento al segretario Cesa e al presidente Toti ha indebolito il progetto. Se vogliono un confronto parlamentare noi ci siamo. Si chiama democrazia e di democrazia non è mai morto nessuno”.
Quanto al Recovery, “Gualtieri ha colto il valore delle nostre critiche. Noi vogliamo mettere tutte le forze politiche davanti al passaggio storico che stiamo vivendo. Il Recovery plan è l’ultima chance per l’Italia, una finestra che ci permetterà per poco tempo di investire sul futuro dei nostri figli. Questo piano era stato scritto in fretta, senza condivisione e con cifre assurde. Sono certo che Gualtieri stia lavorando per migliorare il piano. Peggiorarlo non potrebbe nemmeno se volesse, è tecnicamente impossibile. Con il Pd ci sono convergenze, con Di Maio no. Non lo sento da molte settimane. E sinceramente fatico a capire come il ministro degli Esteri del Paese che riceve più risorse dall’Ue possa dire no al Mes per vecchie ruggini sovraniste. Non sono più quelli che andavano a braccetto con i gilet gialli. Oggi sono europeisti, dovrebbero ricordarselo”.