Quando sono i numeri a parlare non si può far altro che tacere davanti all’evidenza. L’industria dell’automotive 2.0, fondata sui principi green, si sta rivelando un autogol inaspettato per tutti i major europei. La scelta di imporre una dead line, tra 10 anni, ha portato l’automobilista medio a tenersi stretta in garage la cara vecchia auto termica. Piuttosto che favorire la transizione, la scelta politica fatta a Bruxelles ha provocato una reazione opposta. Vengono vendute sempre meno vetture nonostante un’ampia scelta di modelli e non sembra intravedersi la luce in fondo al tunnel.
Con troppa sufficienza nelle stanze dei bottoni della Commissione europea i burocrati hanno creduto di poter spazzare via credenze secolari sull’automobile. Il tentativo di spingere forte la produzione di auto a zero emissioni di ultima generazione ha mandato in tilt l’intera filiera. Nel momento in cui le macchine non rappresentano più uno status symbol, ma banalmente un mezzo per partire da un punto A per raggiungere quello B, è venuta meno l’esigenza prioritaria. A parità di smartphone su quattro ruote l’utente medio preferisce il veicolo più economico o sceglie di non acquistarlo affatto. Così anche si spiega il trionfo dei player asiatici e la flessione di molti colossi europei.
Istat, tracollo dell’automotive in Italia
I dati dell’Istituto nazionale di statistica hanno messo in luce una situazione preoccupante alle nostre latitudini. Nel mese di dicembre 2024, la fabbricazione di veicoli è crollata del 23,6% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (dopo il -28,5% registrato a novembre), contro un abbassamento del 7,1% della produzione industriale complessiva. Un calo che ha riguardato anche il settore tessile, abbigliamento, pelli e accessori (-18,3%), e nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-14,6%).
La realtà attuale italiana è tra le peggiori di sempre sul piano industriale. Si registrano incrementi solo per l’attività estrattiva (+17,4%) e la fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria (+5%). A preoccupare è la filiera dell’Automotive che nel corso dell’intero 2024 ha avuto un calo dell’11,3% (-3,5% tutti i comparti) rispetto all’anno precedente. A rendere ancor più faticosa la risalita è l’aumento dei prezzi. Il costo della vita è sempre più alto e cambiare auto sta diventando un’utopia.
Auto nuova? Lusso per pochi
Un tempo gli italiani avevano l’abitudine di possedere più auto nello stesso nucleo familiare e cambiarla, in media, ogni 5 anni. Oggi una nicchia di fortunati entra nell’abitacolo di una nuova vettura ogni 7 anni circa. Il dato varia in base all’utilizzo perchè in caso di famiglie che hanno una macchina che usano poco non la cambieranno prima di 10 anni. Anche per questo motivo abbiamo uno dei parchi auto più vetusti d’Europa. Le nuove proposte, salvo incentivi vantaggiosi, hanno raggiunto dei prezzi proibitivi per la fascia media.
L’automobile dovrebbe rimanere un mezzo popolare, ma persino le nuove city car non sono più a buon mercato. Al momento gli unici a crescere sono i brand asiatici che hanno maggiori risorse. In Cina sono sbucati nuovi marchi come funghi, cavalcando dapprima l’hype sulle EV per poi allargarsi a diversi segmenti. I nostri costi industriali non sono, minimamente, paragonabili e ben presto avremo una invasione di vetture made in Cina. Persino colossi come Stellantis e Volkswagen dovranno iniziare a preoccuparsi della crescita esponenziale dei competitor del Paese del Dragone Rosso.