Giù le mani dalle coste di Capri. E dal suo mare, scrigno di biodiversità. Lo popolano anche tursiopi e capodogli, ma lo spettacolo della natura è minacciato dall’invasione estiva dei natanti. Yacht e panfili, ma anche piccole imbarcazioni da diporto. E soprattutto il turismo di massa, quello “caciarone”.
Ed è per questo che i sindaci di Capri e Anacapri tornano a fare pressing sul Ministero dell’Ambiente chiedendo a gran voce l’istituzione di un’Area Marina Protetta che, come avviene nella dirimpettaia Punta Campanella, o alle isole gemelle, Ischia e Procida, inserite nel “Regno di Nettuno”, aiuti a salvaguardare il mare e le sue specie.
Parte così una nota a firma di Gianni De Martino e Franco Cerrotta, i due primi cittadini, che definiscono l’istituzione dell’Area un “argomento di improcrastinabile definizione in quanto è ben nota la situazione delle coste dell’isola che, soprattutto nel periodo estivo, sono oggetto di un insostenibile sovraccarico causato proprio dalla carenza di norme regolamentari che possono disciplinare l’uso e la tutela del mare che circonda Capri”. La nota, con la quale si chiede “un sollecito incontro con il Ministero per concordare le procedure da riattivare per completare il percorso”, ricapitola l’iter bruscamente (e “inopportunamente”) interrotto, ricordando che “la legge istitutiva delle Aree marine prevedeva la costituzione dell’Area Marina Protetta “Penisola della Campanella – Isola di Capri”. Un’idea che, spiegano i sindaci, “a seguito delle varie considerazioni sulla opportunità di istituire un’area che coinvolgesse due realtà ‘marine’ sostanzialmente diverse per caratteristiche geografiche, sociali e turistiche”, fu poi scartata, con l’istituzione della sola Area Marina Protetta di Punta Campanella. Ma si avviò, come ricordano i primi cittadini, “una iniziativa per valutare la possibilità di individuare un progetto esclusivo per l’isola di Capri”.
“Tra le ragioni che non consentirono, all’epoca, di proseguire veniva evidenziata l’impossibilità da parte del Ministero di sostenere oneri finanziari necessari all’avviamento del progetto e quantificati in almeno 200 mila euro”. Una questione economica, dunque. Ma, si legge nella nota, “le amministrazioni manifestarono e ribadirono la volontà a definire l’iniziativa, dando anche disponibilità a sostenere direttamente gli oneri economici attraverso i proventi del contributo di sbarco.
Tra l’altro i due Comuni già si dotarono degli studi socio-economici, di una bozza di zonizzazione, delle ipotesi di Consorzio e del relativo statuto che sicuramente costituiranno una base di lavoro indispensabile a dare una più immediata definizione dell’iniziativa”. Così, la questione torna attuale in queste ore, con largo anticipo rispetto all’inizio della stagione turistica, che a Capri si accompagna spesso alla proposta di un numero chiuso nella fruizione dei luoghi di maggior pregio naturalistico.
A favore dell’istituzione dell’Area Marina Protetta, peraltro, si schierano con forza le associazioni del territorio, da Federalberghi a Ascom, da Legambiente a “Capri è anche mia”, e soprattutto il battagliero coordinamento che ha dato via alla pagina Facebook “Area Marina Protetta: Capri non può più aspettare”. “Era il luglio
2015 quando chiedemmo alla amministrazioni comunali, con documento sottoscritto da 24 amministrazioni, di avviare l’iter per l’Area Marina Protetta. – spiega la portavoce, Anita de Pascale – Si è perso molto tempo prezioso, vogliamo azioni concrete e immediate. Noi, a nome della quasi totalità dei cittadini isolani, continuiamo a ribadire la necessità, urgente, di prendere provvedimenti per la salvaguardia del mare di Capri e dei suoi ecosistemi”.