Dopo oltre mezzo secolo, l’agenzia spaziale americana punta a riportare l’essere umano sull’unico satellite naturale della Terra. La missione “Artemis” (dalla dea greca della caccia, sorella di Apollo che diede il nome alla storica missione) vuole raggiungere l’obiettivo entro il 2025. La tappa successiva di questa corsa allo spazio è Marte, come abbiamo ricordato su queste pagine.
Il contributo dell’Italia nell’esplorazione spaziale è sempre più degno di nota. Dopo Francia e Germania, siamo il terzo finanziatore dell’Agenzia spaziale europea. L’Italia ha un ruolo fondamentale anche e soprattutto nel programma Artemis. Nello Space Launch System Block 1 (il più potente equivalente del Saturn V nelle missioni Apollo) che lunedì porterà in orbita la navicella Orion, ci sono 10 microsatelliti. L’unico europeo – “ArgoMoon” – è stato sviluppato dall’italiana Argotec e finanziato dall’Agenzia spaziale italiana. “I nostri 25 migliori ingegneri hanno impiegato diversi anni per costruirlo, siamo molto soddisfatti del risultato”, spiegano al Foglio dall’azienda di ingegneria aerospaziale torinese, che ha in programma cento nuove assunzioni.
Il CubeSat di Argotec avrà l’importante compito di documentare il volo inaugurale della missione. “Ma con il Light Italian Cubesat for Imaging of Asteroids”, ci spiegano i costruttori, “partecipiamo anche alla prima dimostrazione di difesa planetaria contro un asteroide nel programma DART della Nasa. Al momento siamo gli unici al mondo ad avere due nanosatelliti nello spazio profondo”. Dall’Agenzia spaziale italiana fanno sapere di essere “estremamente orgogliosi” dell’attuale ruolo italiano nello spazio: “Ci occupiamo dell’intera filiera perché riusciamo a realizzare cose che gli altri non riescono a fare”. Una fonte dell’Asi, che preferisce restare anonima, dice al Foglio che “ormai siamo tra i migliori al mondo e lo spazio sta diventando il nostro fiore all’occhiello” ma riguardo Artemis ammette: “Credo che il 2025 sia troppo ottimistico come target, forse il 2026 è più realistico”.
Il contributo dell’Italia alla prima missione che riporterà l’uomo sulla luna per la prima volta dal 1972 (e forse questa volta per restarci) non finisce con l’ArgoMoon. Centrale è il ruolo dell’azienda italiana leader nell’aereospazio: Leonardo. La compagnia partecipata dallo stato ha infatti costruito i pannelli fotovoltaici (che compongono le 4 ali), le unità elettroniche (che distribuiscono energia al veicolo spaziale), mentre la joint-venture con Thales Alenia Space ha fornito la struttura di base del modello di servizio della navicella Orion. In futuro, Leonardo potrà contribuire all’eventuale costruzione di una base lunare con trivelle e bracci robotici ma anche, insieme a Telespazio, con sistemi di comunicazione e navigazione. “Sono stati impiegati decine di nostri esperti e tecnici e siamo tutti molto felici di dove siamo arrivati”, spiega al Foglio una fonte qualificata di Leonardo.
Ma l’apporto industriale italiano a questa grande impresa viene da un mix di grandi e piccole imprese: la CrioTec ha prodotto le valvole per far respirare gli astronauti, l’Aviotec ha fornito le cinture che proteggono la navicella e la DTM Technologies ha realizzato le piastre di raffreddamento. Il senior vice president di Leonardo (Divisional Space Business), Giovanni Fuggetta, dice del lancio della prima missione Artemis: “Sarà un giorno che segnerà la storia dell’esplorazione spaziale”.
Creare un villaggio sostenibile sulla Luna e raggiungere Marte. Questi sono i due scopi principali della missione che costerà, secondo le proiezioni della Nasa, entro il 2025 fino a 93 miliardi di dollari. Lunedì 29 agosto alle 14:33 (ora italiana) all’iconico Kennedy Space Center in Florida ci sarà la prima finestra di lancio con il possibile via libera alla partenza, senza astronauti a bordo. Poi sarà la volta del ritorno dell’uomo. E anche, per la prima volta, di una donna. Se non ci saranno intoppi, nel giro di tre anni riconquisteremo la Luna. Una mission possible.