AGI – Si stava meglio quando si stava peggio? Tradotto era meglio l’era del cavallo di quella dell’automobile? “Rumore stridente, aria tossica, ingorghi interminabili, caos e morte: ecco il risultato di un’espansione demografica senza ostacoli. È l’esatta descrizione di un incubo urbano contemporaneo? Non proprio: stiamo parlando della Londra del 19° secolo, anche se la situazione a Parigi e in altre grandi città non era molto migliore. E la causa di tutta questo caos era… il cavallo”.
È, questo, l’incipit di un articolo del New York Times che registra il clima descritto da Bryan Appleyard nel suo nuovo libro “The Car”, l’automobile, nel quale l’autore calcola che nel 1900 “i 50.000 cavalli necessari per soddisfare le esigenze di trasporto di Londra depositavano 500 tonnellate di escrementi al giorno. Gli zoccoli e le ruote delle carrozze sollevavano cortine di fetido fango. Gli incidenti causati da guasti meccanici e animali spaventati erano spesso fatali per i passeggeri, i conducenti e gli stessi cavalli. New York City impiegava 130.000 cavalli e si prevedeva che entro il 1930 le strade della città sarebbero state ammucchiate di tre piani di sterco”.
Per fortuna, però, poi è arrivata l’automobile (l’ingegnere tedesco Karl Benz, inventore della Motorwagen a tre ruote, la brevettò nel 1886) e il resto è storia, che secondo il Times Appleyard “raccontata in modo colorato e spiritoso” nel volume, la cui tesi è che “l’auto non ha semplicemente influenzato il mondo moderno, ma l’ha creato”. “Si pensi alla costruzione di strade, al commercio interstatale, alla capacità dei veicoli per ogni emergenza di raggiungere le vittime gravemente ferite, all’avvento dei viaggi e del turismo per una percentuale senza precedenti” e basti pensare “anche alla libertà emotiva che viene offerta quando si può salire su un veicolo e semplicemente guidare” verso l’infinito ed oltre delle possibilità, giusto per citare una battuta di Toy’s Story.
Appleyard, scrive il quotidiano newyorkese, “descrive ogni tendenza automobilistica immaginabile, dagli eleganti ‘proiettili’ italiani agli yacht terrestri tedeschi meticolosamente progettati fino all’auto da sogno nazista, la Volkswagen Beetle, ironicamente adottata decenni dopo la caduta del Terzo Reich come simbolo di controcultura più aderente all’uomo”.
Ora, però, osserva il Times, siamo di fronte ad una evoluzione: “L’era della combustione è probabilmente finita, per essere sostituita dal veicolo elettrico. Poiché le soluzioni, anche brillanti, possono trasformarsi in problemi, e poiché le preoccupazioni per il cambiamento climatico sono cresciute, l’automobile che consuma gas ha iniziato a essere vista come una forza del male. Se Elon Musk e coloro che lo emulano riusciranno o meno a mitigare gli effetti dell’auto sull’ambiente è una questione ancora del tutto aperta. Per quanto ne sappiamo, una tecnologia non ancora sviluppata si rivelerà l’eco-eroe”.
Resta tuttavia una cosa che va riconosciuta, secondo Appleyard: “L’auto ha emancipato le masse in modo molto più efficace di qualsiasi ideologia politica; il fatto che lo abbia fatto a un costo elevato non dovrebbe cancellare l’importanza di quella libertà”. Come dire: ogni libertà ha anche il suo prezzo.