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Così il cannibalismo ha condizionato l’evoluzione della specie umana

Giu 27, 2023

Fra gli Homininae, la sottofamiglia degli ominidi che comprende l’uomo, gli scimpanzè e i gorilla, insieme a tutti i progenitori di ciascuna di queste tre specie, il cannibalismo è stato documentato tanto fra gli umani che fra gli scimpanzè. Per i gorilla, esiste solo un’osservazione degli anni ’70, quando la primatologa Dian Fossey trovò i resti di due gorilla nelle feci di una madre gorilla e di sua figlia; da allora, più nulla. Segni di taglio su resti di ominidi di 800.000 anni fa provenienti da Atapuerca, in Spagna, e su ossa di Neanderthal più recenti suggeriscono che nel nostro ramo evolutivo il cannibalismo fosse ben diffuso, nonostante il valore nutrizionale di tale tipo di alimentazione non sia poi così importante rispetto a quanto sia possibile ricavare da prede alternative. Nella nostra stessa specie, ci sono persino segni di questo comportamento nel genoma umano: nei Papua Nuova Guinea è stata trovata una mutazione che li protegge dal kuru, una malattia da prioni trasmessa attraverso il cannibalismo rituale che essi attuano nei confronti dei morti.

 

A parte il cannibalismo, il consumo di carne degli altri ominini viventi da parte di esseri umani moderni è fatto noto: nonostante il loro status di specie protetta, in Africa si può mangiare carne di scimpanzè e di gorilla. Viceversa, gli scimpanzè cacciano frequentemente altre scimmie e proscimmie e, in talune popolazioni, utilizzano bastoni appuntiti, a mo’ di spiedi o lance, per catturare le loro prede, strumenti ottenuti attraverso passaggi che includono la preparazione della punta con i denti. Questo comportamento è stato documentato centinaia di volte, a dimostrare che non è casuale. Il quadro, per quel che riguarda sia la nostra specie che quelle evolutivamente più vicine, è quindi chiaro: quando non direttamente i conspecifici, prediamo abitualmente e diffusamente ogni tipo di altra scimmia, più o meno simile a noi.

 

Un nuovo articolo conferma questo stato di cose, dimostrando che anche in epoca molto antica, ovvero circa 1,45 milioni di anni fa, all’inizio del Pleistocene, ominini macellavano e presumibilmente consumavano come cibo altri ominini. Gli autori dello studio inizialmente stavano conducendo uno studio per identificare i predatori degli ominini di quelle epoche remote, attraverso l’analisi delle loro ossa. Queste, infatti, mantengono segni specifici di masticazione nel caso collegati al consumo della carne, segni che frequentemente possono essere ricondotti al tipo di animale che si è cibato di un antichissimo corpo. Ebbene, su una tibia ritrovata in Kenya, appartenente ad una specie incerta ma sicuramente a noi collegata (un australopitecino oppure forse Homo erectus), sono stati identificate tracce di morsicatura da parte di un grande felino, attraverso la comparazione dei segni visibili sulle ossa con un database di 898 riferibili a diverse possibili cause. Tuttavia, i segni dei felini – come le tigri dai denti a sciabola che frequentavano il Kenya dell’epoca – sono solo la parte minore delle marcature presenti sulla tibia: il grosso, ovvero almeno altri 11 insiemi di segni, sono invece risultati indubitabilmente associati al taglio con strumenti di pietra.

 

Precedenti ricerche su resti animali con segni di macellazione nella stessa località cui si riferiscono i risultati discussi dagli autori mostrano che circa 1,5 milioni di anni fa, gli ominini presenti usavano frequentemente strumenti di pietra per scarnificare, disarticolare ed estrarre il midollo da una varietà di specie animali e di dimensioni diverse e provenienti da diversi habitat: visto il modo in cui la tibia in questione è stata processata, ovvero in maniera molto simile a quanto si è osservato per gli altri tipi di preda, la scarnificazione non pare rivestire un significato rituale, ma corrisponde invece ad un comportamento alimentare opportunistico, al solo scopo di ottenere cibo.

 

Non è possibile sapere chi produsse quei tagli, se individui della stessa specie, in un caso di cannibalismo, o di specie diverse, come avviene oggi quando gli scimpanzè predano altre scimmie; inoltre, non è dato di sapere se i resti della gamba furono successivamente consumati da qualche grosso felino, o se invece gli ominini che probabilmente se ne nutrirono sottrassero la preda a quest’ultimo. In ogni caso, tuttavia, l’informazione di cui disponiamo grazie a questo nuovo studio appare piuttosto chiara: 1,45 milioni di anni fa, nel pieno della nostra antica evoluzione, ominini mangiavano altri ominini, non diversamente da quanto osserviamo oggi, quando i cacciatori delle foreste africane predano gli scimpanzè. Almeno alcuni dei nostri comportamenti, cioè, sono molto antichi, probabilmente preumani, e hanno contribuito alla competizione fra specie diverse e fra gli individui all’interno delle specie.

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