• 26 Aprile 2024 15:09

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Così cambierà la sanità del Lazio dopo la pandemia 

Giu 22, 2021

AGI – Il Covid ha stravolto i modelli sanitari che la Regione Lazio era riuscita a far decollare dopo i sacrifici imposti dal piano di rientro. E il timore più grande era che il sistema – da poco tornato su buoni livelli di prestazione – potesse cadere di nuovo. Dopo oltre dieci anni la sanità nel Lazio era uscita dalla fase di commissariamento e la pandemia è arrivata come uno tsunami. Ora però l’imperativo è guardare avanti e farlo avendo imparato la lezione impartita dal Covid.

Per questo il nuovo il sistema sanitario regionale sarà ridisegnato ripartendo dal territorio. Ma non solo. “L’impatto invece è stato assorbito bene e qui sta la cifra dell’ottimo lavoro svolto da tutti i livelli gestionali della nostra sanità, dall’assessorato regionale fino al lavoro quotidiano del nostro personale sanitario”, dichiara all’AGI Rodolfo Lena, neo presidente della commissione Sanità della Regione Lazio.

“Oggi sappiamo che c’è qualche struttura che sta facendo fatica, alcuni territori che rischiano qualche limitazione anche per la necessità di trasformare alcuni ospedali in centri Covid, ma sono episodi in via di superamento. Adesso la nostra attenzione è dedicata alla fase della ripartenza, alla sfida di avvicinare ogni cittadino ai servizi sanitari pubblici”.   

Una commissione per analizzare i problemi derivanti dalla pandemia 

“La pandemia è stato un evento epocale, inatteso e imprevedibile. E’ evidente che proprio per questo ha avuto un impatto tremendo sulla società, innanzitutto per la perdita di vite umane e poi per tutte le conseguenze sanitarie, economiche, sociali e direi antropologiche che ne sono derivate”, spiega Paolo Ciani, vicepresidente della commissione Sanità alla Regione Lazio e neo presidente della commissione speciale sull’emergenza Covid, nata per “cogliere l’eccezionalità della situazione per approfondirne le conseguenze e prepararsi meglio al futuro”. 

Nello specifico, precisa Ciani, “la nuova commissione, come si legge nella norma istitutiva, avrà compiti ‘di analisi e studio delle esigenze e problematiche sanitarie, sociali, economiche, occupazionali, connesse all’epidemia Covid-19 e delle possibili soluzioni da proporre per contrastare l’emergenza causata dall’epidemia’”. Non si tratta, continua Ciani, “di giudicare l’operato fin qui messo in campo, ma soprattutto di far tesoro di ciò che è accaduto fino ad oggi per migliorare le risposte nei diversi ambiti maggiormente impattati dalla pandemia”.    

In generale, l’impatto del Covid “è stato terribile. Chiaramente non eravamo preparati, ma dopo un primo periodo molto duro, la sanità regionale ha dato risposte ottime e oggi è patrimonio comune che la Regione Lazio sia stata in molti aspetti un esempio per tutta l’Italia. Ci sono valutazioni da fare sulle altre cure: evidentemente l’emergenza Covid ha penalizzato altri aspetti della presa in carico della domanda di salute dei cittadini”.  

 

“La pandemia ha evidenziato l’inadeguatezza del sistema sanitario”

Il dilagare della pandemia da Covid-19 “ha messo in evidenza l’inadeguatezza del nostro sistema sanitario segnato ancora e troppo dalla mancanza di organizzazione e risorse”, gli fa eco Giuseppe Simeone, membro del Consiglio regionale del Lazio. “Sono fattori – osserva – che il Covid ha solo acuito innestandosi su un sistema precario e debole su cui si doveva e poteva intervenire. In questi mesi abbiamo rincorso l’emergenza, riconvertito ospedali, assunto personale aggiuntivo e implementato posti letto, oltre che attrezzature, per far fronte al dilagare della pandemia. Ma questo ha comportato il blocco sostanziale di altre attività fondamentali a partire dagli screening oncologici e dalle prestazioni ordinarie per i malati cronici, cardiopatici, diabetici con l’interruzione delle nuove diagnosi, di visite specialistiche, di ricoveri e interventi chirurgici rimandati a data da destinarsi”. 

“Quanto accaduto non può ripetersi – prosegue Simeone -. Nuove pandemie o emergenze potrebbero verificarsi e come abbiamo imparato con il Covid-19 lo faranno senza dare alcun preavviso. Questo comporta l’esigenza di ridisegnare il sistema sanitario regionale a partire dall’abbattimento delle liste di attesa su cui tutti i piani predisposti sinora sono falliti o si sono rivelati fallaci, perché i malati cronici, i trapiantati, i malati oncologici hanno bisogno di cure e di esami diagnostici e non possono essere abbandonati dal sistema sanitario regionale come accaduto sinora”.

E’ inaccettabile – dice – “che per effettuare una prestazione sanitaria o un esame specialistico si debba attendere oltre un anno. Per questo si deve puntare su centri diagnostici collocati sul territorio che possano erogare servizi continuativi a disposizione dei cittadini, portare a regime alcune procedure sperimentate durante il periodo di emergenza, come la ricetta dematerializzata e il rinnovo automatico dei piani terapeutici”.      

“La grande sfida è il superamento del ‘modello Ospedale'”

La grande sfida che la Regione ha davanti, riprende Lena, “è indirizzata al superamento del “modello Ospedale” per una ramificazione migliore dei servizi sanitari territoriali, con migliori prestazioni ambulatoriali e la realizzazione di case della salute nelle zone con minore assistenza sanitaria. Questo quindi sarà il modello, perché rafforzare la sanità pubblica non significa costruire tanti piccoli ospedali, ma garantire che un paziente sia preso in carico dal sistema e venga accompagnato nel percorso di cura. E’ su questo modello che si integrano anche nuove sfide per la nostra sanità, come la telemedicina e in generale processi di digitalizzazione che snelliranno i processi”.      

Verso le Case della Salute 

Tra i progetti concreti, evidenzia Lena, “ci sono le Case della Salute, alcune delle quali inaugurate prima della pandemia. E continueremo con questo impegno per colmare un ‘gap’ sanitario che si registra soprattutto sui territori di provincia, fuori dal contesto metropolitano. Ma lo stesso obiettivo passa anche per il rafforzamento dei servizi delle nostre Asl, degli ambulatori che in molti casi devono vedere un efficientamento significativo. A migliorare i servizi contribuirà anche una razionalizzazione nella governance delle nostre aziende sanitarie, un punto su cui l’assessore Alessio D’Amato ha insistito in modo particolare, con la costituzione dell’azienda zero che avrà il compito di riunire l’aspetto amministrativo e strettamente gestionale, oggi ripartito in ogni singola Asl, per raggiungere principi di risparmio economico ed efficienza”. 

Per Ciani, la sanità laziale viaggerà su un doppio binario: “La gran parte degli interventi deve svilupparsi sul territorio implementando i servizi che oggi non esistono, a cominciare dall’infermiere di famiglia (su cui ho presentato una legge che presto sarà discussa in Regione), la telemedicina, l’assistenza domiciliare e valorizzando l’esperienza delle Uscar.  Poi evidentemente devono esserci ospedali molto specializzati e di grande qualità per occuparsi delle urgenze e delle situazioni più gravi. Ma è evidente che il modello ospedale, o peggio istituto-centrico, senza medicina di territorio, ha fallito. Cambiare modello alla luce di ciò che abbiamo visto con la pandemia è necessario e urgente”.     

E’ sulle Case della Comunità che puntano anche gli investimenti del Pnrr, con la realizzazione entro il 2026 di 1.288 strutture. “Le Case della Comunità – afferma Lena – sono strutture sanitarie, promotrici di un modello di intervento multidisciplinare, nonché luoghi privilegiati per la progettazione di interventi di carattere sociale e di integrazione sociosanitaria.  In queste strutture, al fine di poter fornire tutti i servizi sanitari di base, il medico di medicina generale e il pediatra di libera scelta lavorano in équipe, in collaborazione con gli infermieri di famiglia, gli specialisti ambulatoriali e gli altri professionisti sanitari quali logopedisti, fisioterapisti, dietologi, tecnici della riabilitazione e altri. Mentre la presenza degli assistenti sociali rafforzerà il ruolo dei servizi sociali territoriali nonché una loro maggiore integrazione con la componente sanitaria assistenziale”.

Nella Regione Lazio “sono previste 125 strutture di questo genere. La previsione delle Case della Comunità rappresenta un tentativo di riformare le cure primarie e, quindi, da questo punto di vista merita grande attenzione. Sarà fondamentale la definizione delle competenze e del ruolo di queste strutture all’interno dell’offerta sociosanitaria dei distretti”.

Ma nei prossimi anni ci saranno anche pazienti che meritano un’attenzione particolare: sono i post Covid. “Tanti aspetti legati al virus sono ancora da studiare e approfondire, a cominciare dalle conseguenze su chi ha contratto il virus. Vedremo cosa ci dirà la scienza e valuteremo anche in base a questo”, commenta Ciani. 

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