L’agenzia italiana del Farmaco, tra l’altro, ha richiamato la necessità di un’attenta valutazione del paziente, «in particolare nei casi di malattie cardiache o in presenza di altre terapie concomitanti», prima di prescrivere questi farmaci, poiché «sono stati riportati casi di cardiotossicità, osservati durante l’utilizzo nella terapia dei pazienti affetti da COVID-19 a livello mondiale».
Lo stato dell’arte della ricerca
Al momento l’Agenzia europea del farmaco (Ema) sta valutando 40 farmaci contro il Covid-19 come possibili terapie. Va precisato, comunque, che finora non ci sono prove di efficacia per nessuno di questi.
Tra le potenziali terapie su cui sono in corso sperimentazioni, spiega l’Ema, c’è il remdesivir (sviluppato per Ebola), la combinazione di antivirali lopinavir/ritonavir (già approvati e in uso contro l’Hiv), la clorochina e l’idrossiclorochina (autorizzate contro la malaria e per alcune malattie autoimmuni, come l’artrite reumatoide), gli interferoni e beta-interferoni (usati per la sclerosi multipla), e diversi anticorpi monoclonali che agiscono su alcune componenti del sistema immunitario.
In Italia l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) ha approvato la sperimentazione del Tolicizumab, un anticorpo monoclonale usato per l’artrite reumatoide, e dell’antinfluenzale giapponese Avigan. I farmaci antimalarici, già utilizzati in Cina per il trattamento dell’infezione da Covid-19, sono stati autorizzati anche in Italia con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e saranno a totale carico del Servizio sanitario nazionale. Autorizzate inoltre per lo stesso uso le combinazioni dei farmaci anti-Aids, anche queste a totale carico del Ssn.
Una speranza potrebbe arrivare anche dal plasma dei pazienti guariti, approccio utilizzato in Cina: un progetto di ricerca tra Toscana Life Sciences e Spallanzani, clonerà gli anticorpi da pazienti convalescenti per sviluppare una cura e un vaccino.