Milano, 28 aprile 2020 – Ricoveri in terapia intensiva più che dimezzati rispetto al 3 aprile quando, nella fase più acuta dell’emergenza coronavirus, era stata toccata quota 1.400, ora scesa a 680 con un calo di quasi mille unità (-956) nella sola giornata di ieri. Per la prima volta i contagi nelle 24 ore sono aumentati di una percentuale inferiore all’1% (+0,8%) mentre i decessi sono cresciuti dello 0.9%:124 morti che fanno salire il bilancio delle vittime in Lombardia a 13.449. “Sono dati estremamente importanti, le misure di lockdown hanno funzionato”, esulta il vicepresidente di Regione Lombardia, Fabrizio Sala. Ma sulla Fase 2 che prenderà il via il prossimo 4 maggio restano dubbi, perplessità e incertezze.
Conte in Lombardia
Ieri il premier Giuseppe Conte è salito in Lombardia, per la prima volta da quando è scoppiata l’emergenza coronavirus. Una visita per cercare la distensione dopo le dure polemiche di queste settimane, in particolare con Regione Lombardia, un tentativo di normalizzare i rapporti proprio in chiave collaborazione per meglio affrontare la fase 2. Conte ha incontrato in Prefettura a Milanoil governatore Attilio Fontana e il sindaco Giuseppe Sala,per poi recarsi a Bergamo(nella foto l’arrivo in Prefettura) e Brescia, le province che più hanno sofferto l’attacco del Covid-19. “Voglio fare il giro delle situazioni più critiche – ha detto Conte, che oggi sarà a Lodi, Cremona e Piacenza – per portare solidarietà a chi è stato ed eè ancora in prima linea, siamo ancora in una situazione critica. In Lombardia la situazione è molto critica, sicuramente, e la regione è stata molto sofferente. Ma siamo tutti lombardi, non c’è da fare distinzioni”.
Riapertura con cautela
Per quanto riguarda la ripartenza, Conte ha detto che il Paese non può sopportare un blocco troppo prolungato, ma la riapertura avverrà in base “ad un piano” e se la curva dei contagi tornerà a salire si potrà procedere a nuove chiusure. “Abbiamo stipulato con tutte le parti sociali protocolli di sicurezza, chi lavora è sottoposto a protocolli di sicurezza rigorosissimi”, ha detto il premier a margine della sua visita in Lombardia. D’altro canto, ha aggiunto, “è chiaro che un lockdown indefinito il Paese non lo può reggere”. “Noi – ha chiarito – stiamo allentando il lockdown sulla base di un piano, dove c’è anche la possibilità di intervenire per chiudere di nuovo se i dati ci diranno che la curva sta risalendo”.
Dialogo Governo-Regione
Intervenendo a Mattino 5, il governatore Fontana è tornato oggi sul confronto con il primo ministro. “Ho parlato con il presidente Conte sul trovare le soluzioni per le famiglie: con la chiusura delle scuole se i genitori devono andare a lavoro si trovano in difficoltaà. Ho fatto proposte – ha spiegato – per spalmare l’inizio del lavoro per evitare l’affollamento nel trasporto pubblico. Ho
parlato di provvedimenti sul controllo, perché c’è il rischio che un semplice dipendente di Trenord non abbia il titolo per impedire di salire sul treno; se ci sia l’obbligo di mascherine, che io vorrei restasse, più una serie di questioni tecniche. Il presidente si è impegnato a darmi una risposta a tutti i quesiti che ho posto”.
Zone rosse e poteri ai governatori
Fontana è tornato anche sul dicorso delle zone rosse che aveva caratterizzato la prima fase dello scontro fra Regione e Stato: “Sono assolutamente convinto che sarebbe opportuno”dare il potere di farle ai governatori delle regioni”- “Io – ha spiegato a Mattino Cinque – ero ben cosciente del fatto che non fossimo in condizioni di fare la zona rossa, la direttiva del ministro degli Interni dell’8 marzo ha chiarito che queste competenze spettano al potere centrale, e al Governo nella sua complessità, neanche al premier”. Per questo secondo Fontana sarebbe opportuno allargare i poteri: “Mi si deve mettere a disposizione l’utilizzo della forza pubblica se si devono chiudere tre, quattro, dieci Comuni come è successo anel Lodigiano e ci vuole una persona che coordina tutto. Per quello sarebbe opportuno un governatore”. Per quanto riguarda la Bergamasca, invece, “non voglio ergermi a difensore di nessuno, ma io credo che lì ormai il focolaio fosse già partito. Quando si è pensato di chiudere quella zona forse era ormai troppo tardi, ma questa è una valutazione mia. Sono convinto che in quella zona della Lombardia, il virus circolava già da più di un mese e fosse già diffuso in maniera capillare, questa è la mia convinzione. Infatti non è tanto un caso Lombardia ma un caso Lodi, Cremona, Bergamo Brescia e
Piacenza, dove c’è stata una diffusione anomala“.
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