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Coronavirus, crollano i listini cinesi alla riapertura degli scambi. L’Ue e Wall Street si rafforzano

Feb 3, 2020

MILANO – Ore 10:30. Le Borse cinesi riaprono dopo la lunga sospensione per il capodanno cinese – allungata fino ad oggi a causa dell’epidemia di coronavirus – scontando tutta la preoccupazione che si è accumulata in questi giorni circa l’impatto del virus sull’ecnomia asiatica. Diversa la situazione in Europa, dove gli indici sono in rialzo in avvio di giornata, dopo aver riportato perdite significative nell’ultima ottava.

Alla chiusura del primo giorno di contrattazioni dallo scorso 23 gennaio, l’indice composito della Borsa di Shanghai ha perso il 7,72%, terminando a 2.746,61 punti, mentre la Borsa di Shenzhen ha chiuso in calo dell’8,41% a 1.609 punti, dopo un ribasso che ha toccato il 9,1% durante la seduta. Si è trattato della giornata peggiore dall’agosto del 2015, quando scoppiò una bolla azionaria sui listini della Cina continentale. I settore più colpiti sono stati quelli delle telecomunicazioni, della tecnologia e delle materie prime. In pochi minuti dalla riapertura, molte azioni sono arrivate ad accusare una perdita oltre il limite giornaliero del 10%, mentre le commodity precipitavano e con esse anche lo yuan. A fine giornata, il conto della capitalizzazione bruciata tra Shanghai e Shenzhen è arrivato a 420 miliardi di dollari.

Rep

Le autorità finanziarie sono intervenute a piene mani sul mercato, ma non sono riusciti ad aprire il paracadute. La Banca centrale ha subito fatto sentire la sua presenza iniettando liquidità per 156 miliardi di euro con l’obiettivo dichiarato di mantenere “una liquidità ragionevole e abbondante” del sistema bancario e a garantire la stabilità del mercato dei cambi. Lo yuan è però scivolato significativamente nei confronti del dollaro: il cambio dollaro/yuan onshore è tornato ai massimi da Natale a 7,012. Inoltre la Banca centrale ha annunciato un taglio di 10 punti base dei tassi sulle operazioni di pronti contro termine, altro meccanismo per cercare di allentare la pressione: nello specifico il tasso sulle operazioni a 7 giorni viene abbassato dal 2,50% al 2,40%, quello a 14 giorni dal 2,65% al 2,55%.

La seduta è stata segnata dall’andamento della Cina e anche altrove gli scambi sono stati deboli: il Nikkei 225 a Tokyo ha chiuso in ribasso dell’1,01%, mentre Taiwan ha perso l’1,22%. Ribasso superiore al punto percentuale anche per Singapore, mentre Hong Kong è in leggero rialzo.

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Situazione calma anche in Europa, dove Milano si porta in progresso dello 0,25% dopo che l’ultima settimana è andata in archivio in rosso per 3 punti percentuali. In linea le altre Piazze del Vecchio continente: Parigi sale dello 0,2%, Francoforte dello 0,3% e Londra aggiunge lo 0,2% nella prima seduta fuori dalla Ue.

Leggero rialzo questa mattina lo spread tra Btp e Bund. Il differenziale è a 137,9 punti base contro i 136 della chiusura di venerdì. Il tasso di rendimento del decennale italiano è stabilmente sotto l’1% allo 0,94%. Avvio di settimana in calo per l’euro: perde terreno sia nei confronti del dollaro, a 1,1078 (in flessione dello 0,12%), che dello yen, a 120,25 (in calo frazionale dello 0,07%). Il settore manifatturiero dell’Eurozona migliora a gennaio e anche quello della Germania dà segnali positivi. Lo rileva l’indice Pmi, calcolato da Ihs Markit, il quale oltre i 50 punti registra un’espansione dell’economia e sotto questa soglia una contrazione: il manifatturiero dell’Eurozona avanza a 47,9 punti, al top da aprile, sopra i 47,8 dell’indicatore flash e i 46,3 di dicembre. Per l’Italia la risalita è a 48,9 punti.

Tra le materie prime, il petrolio è osservato speciale: secondo i dati di Bloomberg, la domanda da parte della Cina sarebbe crollata di circa 3 milioni di barili al giorno, pari al 20% del fabbisogno totale, a causa degli effetti sull’economia delle misure di contenimento adottate da Pechino per frenare l’epidemia. Si tratta probabilmente del più severo shock subito dalla domanda di petrolio dalla crisi finanziaria, nel 2008-2009, e del più repentino dall’attacco alle Torri Gemelle. Indicazioni che si ripercuotono sui prezzi: il Brent è sceso dello 0,9% portandosi a 56,14 dollari, mentre il Wti, dopo aver toccato un minimo di seduta a 50,42 dollari, ondeggia ora sui 51,3 dollari al barile. Nel mese di gennaio il greggio europeo ha perso il 12% e quello americano il 15,6%. Prezzi dell’oro in calo questa mattina dopo il rialzo del 4,7% messo a segno nel mese di gennaio. Il metallo prezioso è quotato a 1.582,91 dollari l’oncia, in flessione dello 0,4%.

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